Nessuno può sentirsi sicuro di vincere, al momento di partire. Non si può star certi nemmeno di arrivare fino in fondo. La maratona è l'unica gara che si può perdere anche correndo da soli.

Perle di saggezza

Se vuoi correre, corri un miglio. Se vuoi conoscere una nuova
vita, corri la Maratona!


Emil Zatopek (citazione segnalatami da Giovanni Chessa)

Me medesimo in numeri

213 MARATONE corse



PB 2:36'28'' 08.10.2000 GoldMarathon Cesano Boscone (MI)







un centinaio di MEZZE corse



PB 1:13'09'' 01.10.2000 Udine







cinque 6 ORE




PB 73,096 km (Buttrio 2014)







cinque 100 km (4 Passatore)



PB 8:51'28'' giugno 2005 in pista Fagagna (UD)



PB Passatore 9:09' 2004 Firenze-Faenza







una 12 ORE



PB 119,571 km
31-08-2014 Passons (UD)







3000



PB 9'39'' San Vito al Tagliamento (PN)







5000



PB 16'27''







10000



PB 35' 36''







3 VOLTE IRONMAN FINISHER






venerdì 5 settembre 2008

Skyrace delle Dolomiti Friulane

Dopo l’esperienza della Maratona di Longford nel “nulla” irlandese che mi aveva comunque lasciato soddisfatto sia come risultato cronometrico (ennesima prestazione under 3 hours) che come sensazioni provate e panorami, affrontare la Skyrace delle Dolomiti Friulane rappresentava un’incognita. Un’incognita perché una maratona non si digerisce benissimo in una settimana soprattutto se ci sono da scalare 1700 m di dislivello con pendenze proibitive per le mie scarse capacità in ascesa, naturalmente nessuna possibilità di recupero in discesa essendo queste alla verifica dei fatti ancora più pericolose e “impossibili”. C’era solo da sperare che qualche tratto semi-pianeggiante mi potesse aiutare ad esprimermi, tratto che è arrivato solo nel finale.

Comincia la mia avventura con l’arrivo dell’amico Gianpaolo che mi farà da “autista” in questa occasione essendo sprovvisto di mezzo, per lui si tratta di una prima esperienza in questo contesto, una prima esperienza che ha molto tentennato ad intraprendere temendo che qualche accidente potesse compromettere la sua preparazione alla maratona di Berlino. Con il senno del poi non aveva molto torto a temere, in diversi tratti il percorso era molto accidentato e il rischio per le caviglie si nascondeva ad ogni passo; terminata la gara la sua soddisfazione, e lo sfumato pericolo, lo hanno reso raggiante e nei suoi occhi leggevo la voglia di riprovarci presto con la corsa nella natura. Alla partenza ci si ritrova in tanti, moltissimi friulani, anche molti di quei podisti che non avresti mai detto che affrontassero una corsa dura, forse lo spirito non eccessivamente agonistico di questa gara invita più della sfida alla maratona anche se il tempo impiegato e la fatica non è da meno. Appena partiti si forma subito un lunghissimo serpentone già nel tratto di strada abbastanza larga che ci conduce sulla ascesa iniziale che ci porterà in vetta, ogni tanto rallento a fare qualche foto, parlotto con qualche amico che mi ritrovo al fianco. La salita comincia a presentare una pendenza maggiore ed io ammaino le mie velleità di corsa e mi pongo su un passo tranquillo che poi è quello della lunga fila della quale sono un insignificante unità. Sempre a vista d’occhio controllo Gianpaolo e con lui ci lanciamo qualche frase di saluto e di sfotto’, le posizioni non cambiano e gli amici che ci troviamo attorno sono sempre gli stessi. Anna continua a mostrare la sua soddisfazione di “poter correre accanto a Margiotta” occasione che non sa più se le capiterà; io da parte mia non ho lanciato sfide a nessuno, cerco di salire con il mio passo, l’ascesa non è delle più semplici e richiede attenzione, il panorama è reso poco fruibile da una fitta nebbia che non ci abbandonerà fino alla vetta. Raggiungiamo il rifugio Pacherini in poco meno di un’ora, mi accorgo in quel momento che la mia digitale con la quale speravo di immortalare qualche bella istantanea mi ha abbandonato, per fortuna ci sono altri amici che suppliscono e scoprirò guardando quelle foto che il mio volto era già visibilmente segnato dalla fatica. Giusto il tempo di rifocillarsi, bere in abbondanza per recuperare gli abbondanti liquidi persi e si ritorna a salire per altri 600 m di dislivello che non lascia tregua, tutti attorno mi dicono che poi è finita nascondendomi le difficoltà ancora maggiori che presenterà la discesa. Accanto a noi è costantemente un ragazzino con accanto il padre, si chiama Mattia Del Fabbro, sale con un’agilità invidiabile, quando comincerà la discesa scoprirò che è anche un ottimo discesista e solo nel finale riuscirò a staccarlo di qualche minuto; niente male per un bimbetto (età intorno ai 10-11 anni) che conclude in 3:23’. Quando raggiungiamo Forcella dell’Inferno faccio appena in tempo a tirare un sospiro di sollievo per la gioia di aver terminato la salita perché dinanzi a me vedo “un baratro”, sembra che al di là della vetta ci sia il vuoto, il nulla. Questa volta non si tratta del “nulla” apprezzato in Irlanda quando la nullità si assimilava alla monotonia del verde, delle mucche e delle pecore, stavolta si tratta di non riuscire a vedere un terreno sul quale correre. Raccomando la mia anima e mi butto, forse esagero, erano gli altri a buttarsi giù nella discesa, io semplicemente e timidamente cercavo di limitare i danni. Ho lasciato strada a tantissimi, anche Anna è andata via sulla discesa, troppo codardo io per accettare la sfida di quei ghiaioni, troppo dure le mie gambe e le mie caviglie per affrontare elasticamente quelle ripidità. Appena il terreno lo ha consentito ho cercato di recuperare qualcosa ed ho raggiunto nuovamente Anna e Gianpaolo che avevo tenuto sempre a vista d’occhio. Le Dolomiti friulane non avranno lo stesso fascino delle Dolomiti bellunesi ma presentano ampi tratti di verde rispetto alla sola roccia che avevo visto nella Camignada di qualche settimana prima. La fatica accumulata in salita si somma alla tensione della discesa, la maratona della domenica precedente si fa sentire nelle gambe, non apprezzo il contesto che mi circonda come avevo fatto appieno nelle mie due altre esperienze. Spesso auspico che termini presto questa lunga agonia. Il mio proposito iniziale di terminare intorno alle 3 ore si allontana sempre più e svanisce del tutto quando inaspettatamente un escursionista ci annuncia che mancano ancora 5-6 km, intanto ho raggiunto il mio amico Michele con il quale faccio un tratto assieme; assiste ad una mia caduta in discesa per la quale per fortuna limito i danni a qualche escoriazione sulle mani e alla tibia. Il mio modo di correre molto radente non mi agevola in questa situazione, ogni passo è un rischio. Un lungo tratto di discesa con gradoni sottopone la mia debole schiena ad un supplizio che rivelerà nel dopogara costringendomi a diversi giorni di stop e impacchi di Voltaren. Finalmente si giunge all’ultimo ristoro, c’è folla. Opto per una sosta breve, giusto il tempo di un bicchiere di acqua. Da qui in avanti solo discesa corribile e piano. Sono stanco, ho poco da chiedere oramai ma non rinuncio ad un finale in crescendo. Il mio ritmo è molto più elevato rispetto a tutti quelli che mi precedono, i sorpassi si susseguono, non è più corsa in montagna, le energie residue le spendo tutte correndo poco sopra i 4’ al km, recupero un sacco di posizioni anche se non contano niente. Concludo la mia fatica in 3:16’42’’, visibilmente provato, soddisfatto del finale ma convinto di non essere riuscito ad apprezzare la bontà di questa gara. La gara è molto ben organizzata, la disponibilità di docce all’arrivo è ottima, tutto ha funzionato al meglio e i numeri finali sono il giusto premio all’organizzazione: 553 arrivati delle quali 89 donne. Ad aggiudicarsi la gara femminile è Maria Luisa Riva con il tempo di 2:29’13’’ che precede la friulana Lavinia Garibaldi del Timaucleulis con 2:32’18’’, al terzo posto giunge Carla Spangaro seguita da Paola Romanin vincitrice della recente Skyrace Carnia ed in questa occasione visibilmente insoddisfatta della sua prestazione. Tra gli uomini sono ben 4 atleti dell’Aldo Moro Paluzza a spartirsi le prime posizioni: prevale Pivk in 2:01’09’’ seguito da Piller Hoffer, Morassi e Scanu.

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