Nessuno può sentirsi sicuro di vincere, al momento di partire. Non si può star certi nemmeno di arrivare fino in fondo. La maratona è l'unica gara che si può perdere anche correndo da soli.

Perle di saggezza

Se vuoi correre, corri un miglio. Se vuoi conoscere una nuova
vita, corri la Maratona!


Emil Zatopek (citazione segnalatami da Giovanni Chessa)

Me medesimo in numeri

213 MARATONE corse



PB 2:36'28'' 08.10.2000 GoldMarathon Cesano Boscone (MI)







un centinaio di MEZZE corse



PB 1:13'09'' 01.10.2000 Udine







cinque 6 ORE




PB 73,096 km (Buttrio 2014)







cinque 100 km (4 Passatore)



PB 8:51'28'' giugno 2005 in pista Fagagna (UD)



PB Passatore 9:09' 2004 Firenze-Faenza







una 12 ORE



PB 119,571 km
31-08-2014 Passons (UD)







3000



PB 9'39'' San Vito al Tagliamento (PN)







5000



PB 16'27''







10000



PB 35' 36''







3 VOLTE IRONMAN FINISHER






giovedì 27 dicembre 2007

allenamenti natalizi

Domenica 23 il test di un'ora nel parco era andato abbastanza bene nonostante la caduta pochi minuti prima del via; percorrere 15,5 km sull'impegnativo circuito è un buon risultato e mi proietterebbe su un risultato in maratona già tranquillamente sotto le 3 ore. Devo comunque resistere e respingere ogni desiderio di gareggiare per ora...ci sarebbe la gara di Calderara di fine anno ma sarebbe veramente una sfacchinata il viaggio di andata e ritorno da Lecce. Il giorno di Natale buona corsetta con gli amici con ultimo giro finale tirato che è venuto molto semplice nonostante aver lavorato praticamente tutta la notte; il 26 sarei dovuto andare a gareggiare a Gradisca ma una nuova nottata passata fino alle 7 al lavoro mi ha convinto a desistere e dedicarmi ad un più tranquillo allenamento in progressione verso mezzogiorno. Oggi, molto appesantito da una cena al ristorante brasiliano di ieri sera, ho fatto solo 6 giri del parco partendo molto piano e finendo come al solito a tutta finendo sotto i 7' sul giro. Nella testa comincio a far piani per il 2008, quali gare prendere in considerazione come obiettivi, quali solo come momento di passaggio, quali i circuiti ai quali partecipare... Mi balena sempre più nella testa la Maratona di Boston

martedì 25 dicembre 2007

Paula Radcliffe

ci sono degli atleti che sono dei talenti puri e sin da giovanissimi riescono ad emergere ed elevarsi dal gruppo; ci sono atleti che invece faticano ad emergere pur essendo talenti. da sempre lo sport ha avuto gli "eterni secondi", quelli che si sarebbero fatti ma non arrivavano mai a maturazione, c'è un'atleta che anni fa veniva definita perdente, era persino commovente vederla correre sulla pista sempre in testa a tirare il gruppo con la sua andatura caracollante e poi all'ultimo giro sempre costretta a cedere ed accontentarsi delle posizioni di rincalzo. poi quest'atleta ha deciso di presentarsi sulle gare più dure, il cross, la mezza e successivamente sulla maratona ed è diventata quasi imbattibile realizzando tempi che resteranno per molti anni tra i record della maratona: si tratta di Paula Radcliffe. anche quando era diventata ormai una star ha dovuto subire una grandissima sconfitta che resterà scolpita nella sua memoria alle Olimpiadi di Atene ma ha saputo risollevarsi e tornare la più grande.
dal Corriere della Sera: "...Quando rimase incinta, Paula passò un momento difficile. Incertezza, paura, forse delusione. Paula è l’icona della donna che corre, sta riducendo rapidamente sulle lunghe distanze il gap con il pianeta uomo. È la più forte del mondo da un sacco di anni, come certificano i suoi record sulla maratona (2 ore 15’25’’, ieri ha impiegato 8 minuti di più ma la corsa di New York è dura, non consegna ai vincitori tempi da primato) e sui 10.000 metri, ma la più forte non sempre è la migliore. È un cavallone biondo che parte in testa e vuole arrivare in testa, impone il ritmo indiavolato scandendo le falcate con un movimento ciondolante delle spalle e del capo che sembra svitato dal resto del corpo. Ma quando il suo motore s’inceppa, il meccanismo va in tilt. Le sue sconfitte alle Olimpiadi di Atene bruciano ancora, in tanti erano pronti a celebrarla nella patria di Fidippide, e invece le sue gare finirono con un pianto disperato.Perciò su New York puntava molto, perché considerava questo appuntamento il primo capitolo di un romanzo vincente che nei suoi intendimenti passerà per Pechino 2008 e arriverà a concludersi ai Giochi di Londra 2012, i «suoi» Giochi. Perciò la gravidanza, nella primavera del 2006, le creò un attimo di perplessità. Gary Lough, il marito che le fa da allenatore e manager, non volle interferire nelle sue decisioni. Ma confessò più avanti di aver considerato la moglie un po’ matta («come tanti altri», disse) quando lei gli comunicò che avrebbe continuato imperterrita i suoi allenamenti, portando la futura Isla con sé. Detto e fatto. Durante i primi cinque mesi di gravidanza continuò ad allenarsi due volte al giorno, 75 minuti al mattino e 30 al pomeriggio. Nella fase successiva, fino alla vigilia del parto, soltanto un’ora al mattino, bontà sua, dedicandosi nella seconda parte della giornata alla cyclette. Ed era di nuovo per strada a scuotere la zazzera bionda, crediamo che questo a modo suo sia davvero un record mondiale, 12 giorni dopo il parto. Nemmeno due infortuni, fra i quali una frattura da stress all’osso sacro, riuscirono a fermarla. «Non ho mai visto nessuna come lei», dichiarò James Pivarnik, un ricercatore dell’Università del Michigan che l’aveva seguita passo passo.Paula Radcliffe doveva qualcosa a sua figlia Isla, che buona buona le aveva tenuto compagnia nel pancione. Perciò l’ha portata a New York, perciò è corsa a prendersela teneramente in braccio dopo il traguardo. «Isla, ti voglio bene» e non «sono contenta di aver vinto», sono state le sue prime parole dopo il traguardo. Fra qualche anno le spiegherà meglio il concetto..."
Orlando Pizzolato nel 2003 così scriveva di lei: http://www.orlandopizzolato.com/it/36/I_segreti_di_Paula_Radcliffe_(TN40__ i suoi record: 3000 m 8'22''20 5000 m 14'29''11 10000 m 30'01''09 half marathon 1:05'40'' marathon 2:15'25''

Maratona Prato-Boccadirio

Premessa. Lavoro in ospedale da 12 anni, sono stato a contatto col Cancro quotidianamente, all’inizio il coinvolgimento sentimentale era continuo, ora la corteccia si è in qualche modo indurita, vogliono costringerci a pensare che i malati sono solo numeri, ma ogni tanto ti capita il caso che ti scuote (il bambino di pochi anni, l’amico che correva con te fino alla settimana scorsa, la collega con la quale sei stato fianco a fianco fino a pochi mesi fa). Ho conosciuto Piero Giacomelli qualche tempo fa, ne ho conosciuto la storia: la storia di un atleta che dopo aver affrontato tante gare – vincendone molte - con avversari umani si è ritrovato a lottare contro un avversario infido, il Cancro, e con esso ha ingaggiato un duello tremendo… Sul suo sito avevo letto dei pensieri di quando faceva chemioterapia, di scommesse di quelle che si fanno nei momenti di speranza o di disperazione. Ne riporto alcune righe che gentilmente mi ha concesso di riprendere: Tic tac, tic tac, Dai Piero, tira fuori anche qualcosa a lungo termine trova un qualcosa che ti impegni, che ti dia lo stimolo per continuare a lottare... Che cosa? Ma certo, l' hai sempre detto... Sembra quasi un voto, sì in effetti c'è un qualcosa che vorresti fare... Ma come ti vedi già in corsa... Per dove? Ma dimmi almeno da dove si parte! Piazza del Duomo a Prato e poi? Santa Lucia, La Briglia 10 km, Usella 16 Km, Carmignanello 18 Km, Vernio 23 Km, Sasseta 27 Km, e poi via su fino a Montepiano 33 Km, poi attraverso la foresta delle Cottede ancora avanti fino a Monte Tavianella 37 Km, e giù giù giù in discesa verso Roncobilaccio 40 Km e poi solo altri 2 Km per farsi con l'ultimo fiato la scalinata del Santuario della Madonna di Bocca di Rio. Ma cos'è un voto? Beh, per chi crede sì, per gli altri solo 42 km, una bella Maratona!!! La gara. E questo è giusto il percorso della Maratona che Piero in collaborazione con altri ha tirato fuori, una gara il cui incasso viene devoluto in beneficenza dell’ AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro), che ha visto la prima edizione in questa prima domenica di luglio. Quando mi sono iscritto pensavo si sarebbe trattato solo di “una specie di pellegrinaggio” con partenza da Piazza del Duomo di Prato sino su al Santuario di Bocca di Rio, una garetta da fare solo per dire di esserci stato, per testimoniare il proprio coinvolgimento, invece si è trattato di gara vera. Di gara vera e di gara dura. Oltre alla classica distanza della maratona da corrersi singolarmente è stata data la possibilità anche di affrontare il percorso a staffetta con squadre composte da tre elementi. La collaborazione degli atleti del Club dei Supermaratoneti (coloro che abbiano corso più di 100 maratone e ultra) ha dato la certezza che si sarebbe raggiunto un buon numero di podisti al via, di podisti che nonostante la durezza del percorso avrebbero tagliato il traguardo dell’intera maratona. Il percorso. Ritrovo a Prato in piazza Duomo, in tanti forse più di quanti gli stessi organizzatori si aspettassero, tanto è vero che c’è stato un minimo ritardo per il prolungarsi delle iscrizioni dell’ultim’ora. Doveroso e commovente ricordo per un amico - Maurizio - che sarebbe dovuto essere alla partenza, ma che è venuto a mancare ed ora corre senza assillo di tabelle, senza lamentele di mogli mariti e simili, in qualche posto. E’ dura trattenere le lacrime se si è in possesso di un cuore in queste situazioni. Ci si trasferisce di circa un km per dare il via ufficiale. La prima parte di gara è un dolce salire verso l’Appennino, c’è salita, ma non la si nota, alcuni staffettisti si avviano veloci, la prima frazione è di 20 km; io mi ritrovo in gruppo coi migliori e alcuni staffettisti fra i quali Emma Iozzelli, nota atleta toscana molto brava. Il ritmo è sostenuto, ma c’è modo di ammirare il paesaggio che ci circonda, il sole picchia, mi chiedo se l’organizzazione abbia pensato alla necessità di acqua oppure saremo lasciati in balia di noi stessi e della calura. Sin dal 5° km mi accorgo che i rifornimenti sono puntuali ed abbondanti, inoltre vi sono diversi accompagnatori di atleti e addetti dell’organizzazione che riforniscono al volo e al bisogno. Si tratta di gara vera, quindi azzardo un ritmo allegro, transitiamo ai 10 km, a Vaiano insieme ad Emma ad un ritmo di 4’15’’ al km nonostante la salita, mi dice che avanti sarà dura, che ci saranno degli strappi forti e quasi colgo nel suo modo di parlare un atteggiamento di sfiducia nei miei mezzi, nella possibilità che possa arrivare su in cima. Conosco le mie scarse doti di “scalatore” quindi rallento leggermente il passo facendomi raggiungere da un podista pratese con il quale transitiamo alla mezza maratona in circa 1:30’, subito dopo comincia il tratto impegnativo, la pendenza non lascia scampo, ci sono 3-4 km in cui il passo si accorcia, i km scorrono lenti, il caldo si fa sentire, vado alla ricerca dell’ombra degli alberi ai lati della strada. Bisogna fare attenzione, la strada non è chiusa al traffico, sono numerosi gli automobilisti, ma ancora più numerosi sono i ciclisti di cui personalmente diffido ancora di più. Il tratto di salita dura termina, almeno questo, mi dicono che dopo ce ne sarà un altro tremendo. Avvisto da lontano la sagoma della seconda componente della staffetta femminile, si tratta di Barbara Bucci (che sostituisce l’infortunata Mara Antongiovanni), metto nel mirino la sua inconfondibile casacca amaranto (spero di non aver sbagliato nella definizione del colore), la salita si fa meno dura, si corre tranquillamente, raggiungiamo quota 711 metri, il secondo cambio delle staffette offre l’occasione di caricarsi di incitamenti dei numerosi podisti pronti ad affrontare la difficoltà maggiore. Fino a questo momento abbiamo corso sempre su una strada statale, improvvisamente c’è una svolta a destra segnalata sull’asfalto (ma forse non avrebbe guastato la presenza di un omino che “svegliasse” qualche podista annebbiato), si scende ripidamente per circa un km inoltrandosi in un bosco, subito dopo dal 33° km inizia la salita vera, un muro con continui tornanti che tolgono il fiato. Per fortuna il sole non riesce a penetrare, vi sono dei tratti che non riesco a correre, alterno passo a corsetta, il ritmo cambia poco. Al mio fianco mi ha raggiunto Patrizia Cini terza staffettista; la conosco, ci salutiamo ed affrontiamo la salita insieme, la segue Marco che più volte mi aveva salutato nel primo tratto ma che non riuscivo a collegare chi fosse. La loro presenza è fondamentale per non farmi smettere di correre, il rifornimento volante di acqua mi salva da una sicura crisi; sono certo che se fossi stato da solo avrei camminato tutto il tratto perdendo anche la posizione in classifica. La “cima Coppi” è al 38° km precisamente a quota 1037 metri s.l.m.; ci siamo, vi transito insieme a Patrizia, mi verrebbe da fare anche la successiva discesa insieme a lei per compensarla di avermi aiutato nell’affrontare il tratto più difficile; so di essere terzo e seppure la classifica in questa giornata conti poco mi dispiacerebbe essere raggiunto sull’arrivo. Mi butto giù a tutta, ogni tanto guardo su per i tornanti se stia rinvenendo qualcuno, non scorgo la figura del quarto, è fatta. Termino la mia fatica al terzo posto in 3:17’23’’. E’ stata una bellissima giornata di sport e di solidarietà, di “Salute & Vita” come recita la denominazione della corsa; di riflessione, aggiungerei per quanto mi riguarda, di consapevolezza di godere dei piccoli piaceri della vita, di godere delle proprie passioni perché da un momento all’altro può aggredirci un avversario tremendo che se lo si affronta armati di tenacia si può sconfiggere. Non posso non rivolgere il mio pensiero a tutti coloro che hanno fatto lo stesso percorso di Piero, ed in particolare a Luciano, amico friulano che ha affrontato le più tremende avventure podistiche in giro per il mondo (la maratona del deserto, un raid in Madagascar, la maratona al Polo Sud) ed ora lotta e vincerà anche quest’altra battaglia. Sono stato patetico? Giudicate voi. Anche per questo sono andato a correre la Prato-Boccadirio, non solo per aggiungere una maratona al mio elenco. Comunque ho trovato un’organizzazione ottima, un’accoglienza eccezionale, qualche piccolo difetto che passa sicuramente in secondo piano, arrivederci al prossimo anno.

Maratona di Parma 2005

Toccata e fuga, con gioia! (13-09-2005)
Domenica 11 settembre due maratone alla mia portata per “santificare la festa”, non potendomi permettere di dedicare l’intero weekend alle corse causa lavoro.Scegliere la nuova Maratona di Parenzo in Croazia o persistere nella ormai collaudata Parma, della quale ho corso già le due precedenti edizioni?Dicotomia difficile da sciogliere ed infatti sino all’ultima settimana ancora non ero iscritto a nessuna delle due, poi la scelta è caduta nella manifestazione della Città Ducale.Ormai sono un affezionato a questa maratona, sia perché ne gradisco la formula con la partecipazione limitata solo agli amatori, sia perché so che è il luogo dove ci si trova con tanti amici del sito e tanti altri aficionados della lunga distanza. Oltretutto quest’anno la manifestazione si è fatta in quattro, anzi in cinque, per accontentare tutti coloro che volessero lasciare briglia sciolta alle proprie gambe: in programma un 10.000 (probabilmente abbondante) con partenza alle ore 9.00; abbinata a questa, ma naturalmente in coda, una manifestazione non competitiva sulla stessa distanza che ha visto larga partecipazione di podisti della domenica, spesso intere famigliole con mamme e figli mano nella mano a passeggiarsi la città; alle 9.30 partenza simultanea per mezza maratona, 30 km "della Duchessa" e maratona.Necessaria una puntualizzazione che può ritenersi accessoria in un contesto in cui si voglia celebrare l’aspetto amatoriale: bisogna prestare più attenzione alla misurazione.Se la matematica non è un’opinione, è impossibile che su un circuito unico (dichiarato di 10.550 m) mezza maratona e maratona possano partire e terminare sulla stessa linea; così come è improprio denominare una gara 30 km della Duchessa, se poi in realtà i km da percorrere sono circa 31,650.Fatto questo appunto che, ripeto, non sminuisce di niente la bontà della manifestazione, rimangono tante belle note che porto a casa da questa domenica parmense. Nelle precedenti edizioni si era trattato di godere della città, del clima maratona, dell’incontro con gli amici, con tranquillità, senza fretta centellinando le belle sensazioni, trascorrendo una buona serata in trattoria, una deliziosa notte in albergo con sveglia “decente”; quest’anno invece si è trattato di una toccata e fuga, ma di quelle esaltanti che lasciano il segno nel proprio scrigno dei ricordi positivi.Intanto ritrovarsi allo stesso angolo, sotto lo stesso pilastro dove l’anno scorso avevo conosciuto molti degli amici del sito e realizzare che strani figuri “patiti” del web che l’anno scorso erano poco più che “nickname” ora sono amici, alcuni amici-veri.Assaporare il piacere di accompagnare nella mia prima parte di gara Valentina Gualandi nella sua fatica della mezza maratona, mi ha ridonato quei bei momenti goduti già a Reggio, a Treviso e Padova: correre con relativa facilità (considerato il ritmo più lento) e poter trasmettere al compagno/a carica, fornirle incitamenti, creare un’atmosfera di esaltazione che infonde energie insperate e trascinarla alla conquista di un bellissimo terzo posto con un crono di ottimo livello 1:28’32’’ (che rappresenta naturalmente anche il mio passaggio a metà gara).Sollevatomi da questa piacevolissima incombenza ed euforico per la sicura soddisfazione di Valentina, mi sono lanciato in un terzo giro a ritmo molto più allegro, persino troppo, tanto da spendere energie preziose che mi sono mancate negli ultimi km. Per fortuna ho incontrato sulla mia strada un amico vicentino, Remo Lavarda, che ricordavo di aver visto in altre gare di lunga distanza.Con lui si è trattato di un tira e molla, lunghi tratti corsi fianco a fianco, poi mi ha staccato, nel terzo giro l’ho ripreso, mi sembrava che stesse per cedere, poi di nuovo assieme sin quasi alla fine, quando entrambi provati dall’impegnativo percorso e dalla giornata calda abbiamo rallentato entrambi, sul traguardo siamo transitati ad un solo minuto di distanza l’uno dall’altro.Il mio riscontro cronometrico finale segna 2:56’30’’, abbondantemente sotto le 3 ore; obiettivo odierno preventivato alla luce dei continui impegni ai quali sto sottoponendo i miei già sofferentissimi tendini; onorevole 24° posto assoluto, 8° di categoria MM35, che significa portare a casa in premio anche una bella “borsa alimentare” che ha naturalmente un valore di soddisfazione ben maggiore di quello venale.Altra grande gioia in questa domenica parmense è aver convinto la mia concittadina Monica, amica di tanti giri al Parco del Cormor, a gareggiare (dopo aver fatto altrettanta fatica a farla tesserare), lei che vive la corsa in maniera istintuale, come espressione esclusivamente del piacere di muoversi.Sapevo che non avrebbe sfigurato sulla distanza dei 30 km, che avrebbe condotto con regolarità a termine la sua gara al ritmo che di solito tiene nella corsetta bisettimanale. Invece mi ha sorpreso in maniera clamorosa, concludendo la sua fatica sui 31.650 m in 2:32’ 12’’, al nono posto assoluto fra le donne e soprattutto transitando alla mezza maratona in 1:38’ e pochi spiccioli.Considerando che si trattava praticamente del suo esordio assoluto nel mondo del podismo (una mezza a Udine l’anno scorso in più di due ore può essere tralasciata), penso che potrà prendersi veramente delle soddisfazioni con la corsa di lunga distanza, a condizione che mantenga la spontaneità e l’istintività che ne caratterizza l’attuale carattere.Anche lei ha portato a casa un bel premio, che ha ritirato con sufficienza estrema, ignara della notevole performance che aveva compiuto.Spiluccando qua e là nella manifestazione parmense, come non notare la “tremenda delusione” inflittami dall’amico “Gamber” Matteo Crotti convertitosi alla velocità (ha gareggiato sui 10 km), lui che è stato molte volte mio “avversario” in maratona; naturalmente si tratta di una provocazione amichevole, in quanto so che presto tornerà sulla “retta via” e mi darà anche un po’ di minuti. Come si fa a tacere del volto davvero provato di Gregorio Zucchinali da Bergamo, che mai avevo visto soffrire tanto al termine di una maratona… e del saluto scambiato al volo con Andrea Fanfoni, al quale ricordo che l’apatia delle nostre città nei confronti delle manifestazioni podistiche è un male diffuso in quasi tutta Italia e non solo a Parma (è necessario citare le eccezioni delle maratone, venete sempre molto affollate e calorose).E che dire del grido di saluto, sentito da lontano mentre ci avviavamo alle docce, della solitaria maratoneta Tricarico (Bagheera come nick, Sabrina all’anagrafe), che incurante della fretta del mondo che scorre si ostina a godersi le sue maratone in cinque ore facendo dannare coloro che devono smontare le impalcature…E della onesta felicità di rivedere su strada il grandissimo Livio Tretto, tornato a calcare l’asfalto dopo un intervento ai tendini…E del calore di Francesco “Vecchio” Canali, che nonostante non possa gareggiare è sempre presente nelle gare vicine alla sua città…E della solarità anche nei momenti di grande sofferenza della piccola Dani…Della tenacia di Luca e Max ad aspettare che gli ultimi tagliassero il traguardo?Nota a margine, ma dato assolutamente non irrilevante: il tutto a costi molto più bassi che nel resto delle manifestazioni italiane, con addirittura qualche gratuità per coloro che avevano partecipato all’edizione 2004 e per le donne in maratona.Consuntivo: 1644 arrivati nelle 4 gare disputate (dati che ho desunto dalle classifiche ufficiali) ai quali vanno aggiunti i non competitivi. Penso che gli organizzatori possano trarre da questo dato un buon input per insistere sulla stessa formula cercando di correggere le piccole “sciocchezzuole” che sono state evidenziate.

Maratona di Berlino 2005

Dopo il "muro", la rinascita (29-09-2005) Mi avevano parlato in tanti della bontà della Maratona di Berlino, dei suoi grandi numeri, della sua perfetta organizzazione:era finalmente ora di verificare personalmente la verità di queste promesse.Mi sono fatto questo regalo iscrivendomi abbastanza in ritardo, accettando un pacchetto turistico non dei più economici, ma che mi ha garantito la possibilità di avere poche “scocciature burocratiche” e di accontentare mia figlia Giulia, che ci teneva a fare il suo primo viaggio inaereo. Si è trattato di tre giorni spesi veramente bene a livello turistico, con la possibilità di vedere tanto della capitale tedesca, di apprezzarne i notevoli lavori che in pochi anni l’hanno trasformata e tuttora stanno cambiando il volto della città. Un elemento fra tutti che mi ha colpito è la straordinaria rete di trasporti pubblici, fatta di metropolitane in superficie, underground (U-Bahn) e autobus che rendono assolutamente superfluo utilizzare i mezzi privati.L’avventura maratona è iniziata venerdì pomeriggio al centro maratona, posto in una zona periferica (ma raggiungibile con U- e S- Bahn, trattandosi della grande Fiera di Berlino) denominata Kaiserdamm: si tratta di un expo dalle dimensioni esorbitanti, con stand che espongono abbigliamento sportivo ma anche tutto ciò che in qualche maniera può essere utile al podista. Numerosi anche gli stand delle altre maratone del centro Europa, comprese alcune italiane (Padova, Firenze e altre 'in subappalto'), che hanno sfruttato questa occasione - in cui convengono ben 40.000 podisti e quasi 100 mila altri visitatori per allargare il “proprio giro” con podisti che vengono dall’estero.Prima di accedere all’expo, per chi non fosse in possesso di chip personale, indispensabile il noleggio (al costo di 31 euro, di cui solo 25 rimborsati come cauzione) del marchingegno da allacciare alla propria calzatura, che permette di avere certezza del riscontro cronometrico della propria prestazione sia come tempo ufficiale che come real-time.Tutte le operazioni di consegna del numero sono ben organizzate e rapidissime; pacco gara praticamente vuoto, se si eccettua una spugnetta (sponsorizzata) da portarsi dietro e adoperare negli spugnaggi. Per chi ne avesse voglia, possibilità di accesso al pasta party e, naturalmente, birra per tutti.Svolgo le operazioni in modo abbastanza veloce, per tornare dalle mie donne (moglie e figlia) ed iniziare il tour turistico per la città. Sulla via del ritorno incontro Alessandro Tarallo, amico del sito della “delegazione laziale”, con il quale scambio alcune impressioni; ci ripromettiamo di vederci alla partenza - affermazione che sembrerebbe azzardata, sapendo che ci saranno ben 40.000 partenti.Sabato dedicato interamente al turismo, ma l’aria della maratona si avverte: l’abbigliamento dei podisti tradisce la ragione della presenza lì e in quella data.Sebbene avessi intenzione di assaporare qualcosa di tipico, per opportunità e tranquillità ripiego su un locale “italiano” per la cena (e sarà l’unico aspetto veramente negativo di tutta la vacanza).La maratona. La sveglia suona presto; giungo nella hall per la colazione per primo, ma in breve tempo, come lumache dopo la pioggia, i tavoli vengono tutti occupati da una massa multicolore e multinazionale di maratoneti. Ho fretta di giungere sul luogo della partenza, ho voglia di godermi l’atmosfera della grande gara, di sperimentare la grande efficienza che mi è stata descritta.L’ingresso alla zona predisposta per la fase di preparazione alla partenza è blindato; vi si accede solo mostrando il pettorale, mentre amici e familiari ne vengono tenuti fuori in un’area predisposta appositamente per loro.I bagagli si depositano in camion che contengono solo poche centinaia di sacche, e in ognuno di essi vi sono almeno due o tre addetti alla raccolta-distribuzione.La disposizione dei camion stessi è organizzata in modo da creare due zone, una per le donne e una per gli uomini, con amplissime tende che serviranno poi da spogliatoio e doccia.Il numero di bagni chimici a disposizione è elevato, e tutti possono prendere un telo per proteggersi dal freddo in attesa della partenza - per la verità e per nostra fortuna si è trattato di un ausilio del tutto superfluo, in quanto il clima si è presentato molto mite ed il sole ci ha illuminati abbondantemente.Comincio a scorgere qualche amico: per primo Liccardi, amico bolognese (corre con la digitale) che subito mi offre la possibilità di un click e mi informa della presenza anche di altri amici che non vedrò (direttore Marri, dov’eri?)*. Due amici trevigiani richiamano la mia attenzione; sono anche loro lì a godersi la maratona, ma hanno anche un altro impegno non da poco: guidare Carlo Durante (podista non vedente dal ritmo di corsa molto elevato) lungo tutta la gara; incontro anche due amici, Antonio e Pietro, conosciuti a Padova in occasione della mia esperienza da pace-maker delle 3 ore.Dopo la consegna dei bagagli veniamo “incanalati” nella zona di partenza di nostra competenza, attribuita in base al tempo accreditato: sono predisposti ben 8 blocchi.E’ tutto talmente ben organizzato che si riesce anche a fare il riscaldamento (almeno per quelli dei primi blocchi) sino a pochi minuti prima dello start; nessuno si sogna minimamente di fare il furbo e l’unico che si permette di farlo viene invitato severamente a prendere posto nel proprio settore.Rinuncio al riscaldamento, mentre non rinuncio a trascorrere qualche minuto e a scambiare quattro chiacchiere con Luca Speciani e signora; mantenendo fede alla promessa mi rivedo con Tarallo, dandogli il mio “in bocca al lupo” - illudendomi poi che anche questo sia servito a portarlo a stabilire il suo nuovo personal-best.Le partenze si succedono: prima alcuni disabili, poi i “cicloni”. Alle nove in punto tutto è pronto per il colpo di pistola che darà il via alla fatica di una marea di 40.000 convenuti su Strasse des 17 Juni.La strada è immensa, su due carreggiate il fronte è molto ampio; mi trovo a partire praticamente in prima fila, appena dietro alla,giapponesina che poi vincerà la maratona.L’atmosfera è quella dei grandi eventi, ma il mio stato d’animo è strano, non so darmene spiegazione.Si parte. Un fiume in piena di podisti scalpita; mi vedo superare da centinaia e centinaia di uomini e donne che corrono, e mi sembra di essere fermo. Al primo km il mio cronometro segna 4’07’’; non sono fermo, sono loro che vanno più forte, il mio ritmo è giusto.Dopo poco dalla partenza, una rotonda sulla quale si erge un monumento simbolo di Berlino, la Siegessaule, obbliga il fiume a dividersi in due, per poi ricomporsi dopo poche centinaia di metri.Mi guardo attorno; siamo circondati, non c’è possibilità di scampo. Alle spalle mi sopravanzano, ai lati della strada un muro umano ci incita, ma io non riesco a divenirne partecipe; già dal quarto km sento le gambe stanche, avverto sensazioni brutte, temo di non riuscire a gustare appieno l’evento.Il mio ritmo rimane costante, ma continuano a superarmi e lo faranno sino al 10° km; cerco di distrarmi guardandomi attorno, scorgendo qua e là qualche monumento già visto il sabato oppure “studiato” sulla guida.I ristori, abbondantissimi, sono predisposti in modo inconsueto; non rispettano la tradizionale alternanza (ogni 2,5 km) spugnaggio-ristoro, ma sono posti in punti quasi "a sorpresa". In altro contesto sarebbe stato una nota negativa, qui è talmente tutto al top che non mi azzardo neanche a pensarlo.Transito alla mezza, insieme all’amico Antonio di Seregno, in 1:26’52’’: sono praticamente andato per 21 km sempre allo stesso ritmo, ma con poca soddisfazione.Lungo il percorso il muro umano ai lati della strada non ha mai lasciato alcun varco; numerosissimi e rumorosissimi i tifosi danesi (mi chiedo se vi sia stato un esodo in massa), e tutti i podisti della Danimarca vengono festeggiati oltremodo. Dal 24° km le mie sensazioni poco piacevoli, se possibile, peggiorano; comincio ad avvertire male ad un ginocchio, la coscia dà segni di cedimento, avverto lontanamente crampi, nella mia testa si presenta per la prima volta in tanti anni lo spettro di non riuscire a farcela. Rallento anche di qualche secondo, tanto che l’amico Antonio mi lascia e se ne va.Al 31° km il mio cronometro segna 4’15’’, il peggior intermedio di tutta la gara: che sia arrivato il muro? Ebbene si, è arrivato il muro! Ma si tratta di un muro strano!Passiamo in una piazza dove si esibisce un gruppo di ragazze in tenuta (molto succinta) da majorettes; il pubblico incita rumorosamente, in maniera assordante. Si tratta di un input straordinario; da questo punto in avanti comincio ad andare più forte, ma soprattutto comincio a vedere la grandezza dell’evento al quale sto partecipando. Da Konstanzer Strasse comincio a superare podisti uno dopo l’altro; so che fra poco, al 34°, passerò vicino al mio albergo, e ci saranno mia moglie e Giulia ad aspettarmi.Corro, corro forte, supero, saluto i bambini ai lati della strada, raccolgo gli incitamenti e ne distribuiscono ai tanti che rallentano per la crisi da “muro”. Io, oggi, il muro l’ho “preso” al contrario. Imbocco Kurfustendamm; al termine di questo vialone ci sarà Giulia, voglio raggiungerla velocemente.Corro e supero, guardo ai lati della strada, la folla è tanta, la musica ad alto volume. Supero il punto in cui dovevamo vederci senza scorgerle (loro invece mi hanno visto), e rimango un tantino deluso; poco male, ora si corre, si va. In lontananza rivedo la sagoma di Antonio; lo punto, il gap che mi separa da lui diminuisce sempre più. Quando lo raggiungo lo incito a starmi dietro: so ormai che non cederò.Gli ultimi km sono una cavalcata trionfale: imboccare la Unter den Linden e vedere lì in lontananza la Porta di Brandenburgo, che per tanti anni ho sognato di oltrepassare, mi inietta nuove energie.Riprendo un altro italiano (Marzano, dei Road runners Milano); ha rallentato, lo saluto e vado.Gli ultimi due km sono veramente a tutta; corro in una sorta di estraniazione (ancora oggi, a tre giorni dall’evento, non ricordo il momento del passaggio sotto la Porta di Brandeburgo), a pochi metri dall’arrivo mi sento prendere la mano dall’amico milanese Marzano, con cui transito sul traguardo a braccia alzate, mano nella mano, con il tempo di 2:53’34’’. Sul traguardo riceviamo anche la foto di Fulvio Massini. Alla fine risulterò 561°. Nella seconda parte di gara penso di aver superato almeno 500 podisti, se non di più. Gli ultimi 3 km, corsi sotto i 4’ al km, qualcosa di esaltante.Ricevere la medaglia, che mi ricorderà questo momento per sempre, è straordinariamente bello.Rifare al contrario la strada per recuperare la sacca ed appropinquarsi alle docce diventa un momento per assaporare ancora di più la grandezza di questo evento.Un solo rimpianto mi rimane, che la mia corsa sia iniziata solo al 31° km!!!
* Il direttore c'era, ovviamente nella posizione piu' arretrata che gli competeva: avrebbe volentieri dato all'amico Antonio qualche istruzione preliminare su posizione dei ristori, ubicazione degli stand italiani, modo di mangiare alla tedesca ecc. (che evidentemente quelli della sua agenzia poco economica non hanno saputo dargli); forse Antonio avrebbe gustato ancor piu' quella che da 12 anni continuo a considerare (e al traguardo Massini mi ha dato ragione) la miglior maratona urbana del mondo. [F. M.]

Maratona di Carpi 2005

Maranello-Carpi
16-10-2005 Ho concluso la mia 118^ maratona con grande soddisfazione perché finalmente dopo otto mesi sono riuscito a viaggiare sotto la soglia dei 4’ al km e anche perché ciò è avvenuto in un contesto che mi è molto congeniale: arrivo in Piazza dei Martiri a Carpi. Inevitabilmente quando si sono corse tante maratone ci si accorge che qualcuna “diventa privilegiata”, Carpi e la Maratona d’Italia è una di queste: dal 1995, quando ho iniziato a correre non è quasi mai mancata fra i miei appuntamenti autunnali (eccetto nel 2000 anno in cui corsi l’ultima Cesano Boscone con PB e il 2001 fermo per infortunio); ho sperimentato il percorso “chiuso” con partenza ed arrivo in Piazza dei Martiri, l’edizione del bicentenario del Tricolore con partenza da Reggio lungo la via Emilia e poi tutte le ultime edizioni con partenza da Maranello. Questa premessa per dimostrare il mio affetto a questa corsa, ma questo sentimento non può trattenermi dal fare qualche riflessione critica. Citiamo innanzitutto gli aspetti positivi. Indubbiamente è un weekend pieno zeppo di sport quello che si tiene a Carpi con gare di ciclismo con la Granfondo del sabato, con gli skate e gli skyroll la domenica e poi anche la maratona. I servizi di trasporto da Carpi alla partenza di Maranello, in casa Ferrari, sono perfetti, autobus confortevoli e posti a sedere, spogliatoio al caldo per prepararsi, docce (calde ma non per tutti) all’arrivo, gestione bagagli buona, chiusura al traffico dell’intero percorso ottima, persino troppo puntigliosa a guardare il vigile che mi ha scortato lungo quasi tutta la gara che ha redarguito pesantemente alcuni ciclisti che avevano osato “inserirsi sul percorso della gara”, pubblico presente solo in qualche attraversamento cittadino abbastanza freddo (ma si sa in Italia tranne rare eccezioni nel Veneto non si scende in strada e ci si scalda le mani per quattro poveri podisti che corrono alla ricerca di che!).Ottimo il pranzo in mensa al termine. Partenza e arrivo gestiti benissimo dal gruppo di speaker Mutton-Brighenti-Marescalchi che sanno tener viva la gara sino all’ultimo arrivato che merita lo stesso onore del primo. Detto del grande risultato conseguito dall’ultrasettantenne Luciano Acquarone capace di stabilire il record mondiale della categoria MM75 con il tempo di 3:10’57’’ (mi inchino alla sua tenacia e ne invidio la forza) analizzo ora i punti dolenti. Nel 2000 gli arrivati in Piazza dei Martiri erano quasi 1500 quest’anno si sono raggiunti appena i mille seguendo un trend negativo che va avanti da qualche anno, sempre nel 2000 con il tempo che io ho realizzato in questa edizione classificandomi 25° assoluto (2:47’47’’) si arrivava 80° in classifica, fra le donne il risultato tecnico diventa mediamente ancora più scadente (fa eccezione la sola prestazione appena sufficiente di Romina Sedoni condannata a gareggiare da sola). Indubbiamente le cause di questa disaffezione sono molteplici ma non trascurabili se si pensa che il movimento della corsa su strada ha aumentato, e di molto i suoi praticanti in questi anni. Provo a azzardare qualche ipotesi. --Il percorso dopo la curiosità del primo anno per la partenza da Maranello non ispira tanto entusiasmo: il trasferimento in autobus con ultima partenza alle 7.30 obbliga tutti alla levataccia, la relativa facilità iniziale con i primi km in discesa comporta nella quasi totalità dei concorrenti un errore nella gestione delle forze con risultati disastrosi nella parte finale. --La scelta di invitare uno stuolo di atleti stranieri (di terzo livello) mortifica la possibilità di qualche italiano di mettersi in luce; probabilmente questo evidenzia anche la tremenda crisi di qualità che sta attraversando la corsa italiana, compensata per fortuna da una ottima espansione dal punto di vista quantitativo amatoriale. --Il costo dell’iscrizione, seppur giustificato dalle spese doppie di organizzazione di partenza ed arrivo, appare elevato a molti. --In calendario compaiono gare concorrenti (vedi la Mezza di Cremona) che sembrano poter offrire ottime opportunità a migliori condizioni. Sicuramente l’anno prossimo io sarò di nuovo presente a Carpi ma mi farebbe piacere esserlo in un contesto diverso, magari con un percorso diverso e soprattutto con tanti più compagni di viaggio. La mia gara. Sapevo di aver recuperato una buona condizione e due settimane di riposo dopo la fatica di Berlino potevano consentirmi di azzardare un ritmo che mi portasse a correre sotto la “soglia dell’eccellenza amatoriale” dei 4’ al km, ne ero convinto, lo avevo annunciato agli amici e questo mi ha anche condizionato tanto da farmi trascorrere anche la notte quasi insonne. La sveglia puntata alle 3.45 per partire da Udine, come al solito non mi ha colto impreparato, ero sveglio già da oltre due ore!!! Lungo trasferimento in macchina, silenzioso e solitario viaggio in autobus fino a Maranello, colazione a base di pane e marmellata consumata in pullman. Prima della partenza gran piacere di rivedere gli amici di sempre, prendere il caffè con la coppia abruzzese-romagnola Vedilei-Costetti, scambiare qualche impressione con la delegazione romana di podisti.net Peppe Bizzarri-Claudio Leoncini, salutare la piccola e malaticcia Dani, ma soprattutto rivedere pronto al via Luca Salardini fermo ai box per diversi motivi da alcuni mesi. Il percorso iniziale in discesa ci “frega” come al solito, le gambe vanno in scioltezza, la mia frequenza cardiaca segna appena 140, i primi intermedi sono sui 3’35’’, un ritmo folle che so che dovrò pagare, ma che faccio va in retrorunning per rallentare? Qualche compagno di viaggio mi affianca e mostra di conoscermi “di fama”, ne approfitto per distrarmi e correre in compagnia, ormai mi trovo a ballare sul ritmo di Orietta Berti (ricordate la canzone “Finchè la barca va, lasciala andare?) mi pongo alla testa del gruppetto e tengo il ritmo intorno ai 3’50’’. Il passaggio nel centro di Modena diventa un supplizio per i miei tendini delicati, l’acciottolato mi stritola le caviglie, cerco di toccare terra il meno possibile, vorrei volare. Attraverso al 19° km l’Accademia con ai lati gli allievi schierati ad applaudire, il pubblico non è numeroso e neppure caloroso, qualche “domenicale” in bici molto distratto rischia anche di farmi cadere. Transito alla mezza in 1:21’00’’ conscio che d’ora in avanti ci sarà da soffrire e che la seconda parte di gara avrà un intermedio molto più alto, cercherò di limitare solo i danni. Purtroppo questo mi toglie il piacere di correre, non c’è niente di più bello di provare le sensazioni piacevoli dell’andare in progressione e finire in crescendo come per fortuna mi riesce in diverse occasioni. Oggi però, seppure con una condotta anomala, sono concentrato sul fatto di dover concludere sotto le 2:49’. Stringo i denti, qualcuno mi raggiunge alle spalle, riesco a riprenderne qualche altro già in crisi, ma è il mio cronometro che mi sfida; sale, sale ormai viaggio costantemente oltre i 4’, i km si allungano, i lunghi vialoni non aiutano, vedere il cartello con l’indicazione “Carpi 17 km” è una mazzata. Al 31° km il mio crono segna 4’16’’il peggiore dell’intera gara (stranamente stesso tempo di Berlino: che mi stia venendo la sindrome del 31°), ho bisogno di una scossa per non sprecare tutto in questi pochi km che mancano. Lo stimolo lo trovo nel vedere in lontananza un amico in crisi: della serie “mors tua, vita mea” lo punto e ne faccio la mia vittima sacrificale; ci metto diversi km a raggiungerlo ma questo mi ha portato ad incrementare di nuovo il ritmo. Al 40° ormai sono quasi sicuro di centrare l’obiettivo, questo mi stimola, gli ultimi due km sono in crescendo tanto da poter chiudere la mia fatica con l’annuncio del mio nome da parte dello speaker in 2:47’47’’. Giungo 25° assoluto fra gli uomini preceduto da una sola donna. Risultato che mi soddisfa pienamente e che mi fa ben sperare di potermi ripetere fra tre settimane in un contesto molto più caloroso in quel di New York, intanto domenica in scioltezza sarò ad accompagnare un’amica al suo esordio a Venezia potendomi godere lo spettacolo senza grosse preoccupazioni.

Maratona di Venezia 2005

20^ Venicemarathon Ottobre 2005 La maratona di Venezia è stata per molti anni la più classica delle maratone italiane, quella che riusciva a raccogliere il maggior numero di podisti, quella che imponeva un numero chiuso per limitare le iscrizioni a causa degli inevitabili problemi organizzativi in una località particolare come è quella lagunare. Ultimamente la maratona della capitale è cresciuta ed è riuscita a rubarle il primato come numero di iscritti e di arrivati, ma Venezia rimane comunque una grande classica che è appuntamento fisso per molti podisti italiani e per tanti stranieri che uniscono il viaggio di piacere e di cultura alla avventura podistica. L’organizzazione è ormai collaudata, si tratta solo anno dopo anno di rivedere qualche dettaglio. La scelta di allestire l’expò a Marghera inaugurata nella scorsa edizione sembra definitiva, si tratta di spazi abbastanza angusti per una grande maratona, ma in compenso crea poco disturbo alla vita e al traffico cittadino di Mestre; però a pensarci bene l’atmosfera del sabato mattina in piazza fra gli stands e la corsetta non competitiva era molto gradevole. Il ritiro dei pettorali e degli inevitabili gadgets è abbastanza solerte, gli addetti sono numerosi, il servizio rapidissimo, di lì l’accesso agli stands delle varie aziende del settore è immediato. Sono presenti tutte le aziende che distribuiscono materiale sportivo legato al podismo in Italia, ognuna ha arruolato i propri atleti-immagine, così si ha la possibilità in poco spazio di incontrare tanti campioni dell’atletica italiana, di quell’atletica italiana che poteva affacciarsi sul proscenio internazionale ed avere speranze di ben figurare e spesso di vincere. Cerco di ricordarne alcuni sperando di essere perdonato per eventuali dimenticanze: c’erano Gianni Poli, Panetta, Orlando Pizzolato, Genny Di Napoli. E’ l’occasione per lasciarsi tentare dai vari promoter delle maggiori maratone italiane per i prossimi appuntamenti autunnali e primaverili, insomma, non ci annoia scegliendo di fare un giretto, due, tre all’interno della struttura. Parlo per la mia esperienza: ci vengono risparmiati i dibattiti scontati su argomenti fritti e rifritti che vengono proposti in diverse occasioni. Non avrei comunque partecipato al pasta-party ma il solo fatto che sia necessario prendere un bus navetta per raggiungerlo scoraggia molti. Non mi dilungo molto sugli altri aspetti dell’organizzazione che come detto è ormai collaudata ma mi chiedo se non sia proprio possibile trovare una alternativa al passaggio di migliaia di podisti stretti come sardine, su quel piccolo ponticello sul canale che separa il deposito bagagli dall’area della partenza; possibile che si allestisca un ponte di barche sul Canal Grande e tanti altri ponti mobili in laguna e non si possa allargare quella strettoia infernale? Per il resto tutto bene, quest’anno anche il posizionamento dei cartelli kilometrici era perfetto (l’anno scorso c’erano diversi spostamenti rispetto all’ottimale), rimane sempre quell’incredibile cartello dei 26 km messo lì fuori dal sottopassaggio della stazione di Mestre 100 metri più avanti del dovuto. I controlli ogni 5 km sono una garanzia di regolarità ed offrono a chi volesse la possibilità di seguire la gara anche da casa collegandosi al sito di Winning-Time tramite il tracking on line con la opportunità di selezionare sino a cinque atleti diversi. La mia maratona. La mia maratona potrei dire che è stata la più particolare delle 119 che ho portato a termine: il tempo finale nel mio palmares si inserisce nelle ultimissime posizioni, ma le sensazioni vissute e la gioia provata sono e saranno indimenticabili. Da alcuni mesi corricchiavo al Parco del Cormor con una ragazza amante della corsa-Monica Zenarolla è il suo nome, podista della domenica si direbbe anche se lei “timbra il cartellino” almeno tre volte la settimana. Il suo modo di intendere la corsa è particolare, la sua presenza è costante, discreta, il ritmo sempre lo stesso, a volte da sola a volte in compagnia macina km in perfetta tranquillità. In diversi le hanno proposto di tesserarsi, di provare ad allenarsi con un programma meno spontaneo sicuri che avrebbe ottenuto buone prestazioni, ma Monica dribbla elegantemente spiegando che un impegno formale la metterebbe in difficoltà. La sua è una passione ingenua per il gesto della corsa, Monica arriva al parco, qualche minuto di esercizi e poi va, in compagnia o da sola, va, il ritmo è più o meno costante, inanella giri su giri, ho il dubbio che a volte nemmeno li conti, corre sinchè ne ha voglia e ne ha la forza. Il suo approccio è istintivo, non mediato come quello di noi forzati della competizione che partiamo da casa quasi sempre con l’obiettivo di fare un tipo di allenamento e se ci viene male ce ne facciamo un cruccio. L’istinto è quello tipico degli uomini e donne degli altipiani per i quali non vi è nulla di anormale nel correre, è naturale, Monica anche se ha terminato la sua corsa (non lo si può definire allenamento) vede passare una sua amica riprende a macinare giri in scioltezza. Sei mesi fa scrissi un Blog sul sito Podisti.net nel quale affermavo: “Sarebbe un peccato che questa scioltezza di corsa e questa predisposizione naturale verso la corsa di lunga distanza rimanesse inesplorata, sono convinto che a breve sarebbe in grado di affrontare anche la maratona, ma mi chiedo chi abbia il diritto di forzare questa predisposizione naturale con imposizioni temporali: e se poi perdesse il piacere di divertirsi? Monica segui il tuo istinto.” Ebbene domenica ero al suo fianco quando abbiamo iniziato tutte le operazioni preliminari alla gara ed ho provato insieme a lei le stesse emozioni che provai 11 anni orsono quando mi accingevo a partire per la mia prima quarantadue. Quei brividi nelle gambe che ti provoca la consapevolezza di intraprendere una via inesplorata, quella gioia di sentirsi attorniati da complici di una birichinata lunga tanti km, tutti quei grandi discorsi di ritmi e programmi che ognuno nel suo intimo teme vadano ad infrangersi sul fatidico muro della maratona. Ma come potevo io alla mia ennesima prova, la 16^ solo in quest’anno provare ancora di queste sensazioni? Eppure è stato così, sarà stata la tensione di aver “promesso un clima surreale”, il dubbio che poi per Monica ciò non fosse, ma mi sono ritrovato ad affrontare i primi km come un bambino che conosce un nuovo gioco. Al nostro fianco avrebbero dovuto esserci anche altre due podiste friulane, anche loro frequentatrici del Parco, Anna e Antonella Parrella che però hanno fatto bene a tenere il proprio ritmo centrando il proprio obiettivo, aveva promesso di esserci anche un’altra amica pordenonese Marilena Dell’Anese con la quale non ci siamo trovati nella calca iniziale e che poi è volata verso il suo ennesimo personal best, trovato per strada senza averlo cercato, in attesa di poterlo ritoccare a New York fra due settimane. Monica come aveva preannunciato mi si è messa al fianco come un francobollo e in grande scioltezza ha corso la sua gara come se fosse la solita corsa, non un segno di commozione traspariva, ogni tanto solo qualche espressione di stupore per il pubblico presente ai lati della strada e le band che allietavano il nostro passaggio. Al nostro fianco è stato per oltre metà gara un amico milanese che mi aveva riconosciuto per aver corso entrambi a Salsomaggiore. Il correre “nella pancia del gruppone” è stata una esperienza molto bella, in tanti mi hanno chiesto cosa stesse succedendo, per tutti una semplice spiegazione: domenica la mia impresa era quella di accompagnare Monica a finire la sua prima maratona. Avevo pronosticato per lei la possibilità di fare un tempo intorno alle 3:22’, il passaggio alla mezza è arrivato in 1:40’43’’, tutto molto regolare come se nulla fosse. Il tratto intermedio della Maratona di Venezia è il più duro, per le brutture di Marghera, ma anche per l’asfalto abbastanza sconnesso, non ci siamo curati di questo perché poi il passaggio all’interno di Mestre riconcilia e l’andata e ritorno sul viale fra il 28° e 29° km riabilitano l’animo. Tutta la mia prima parte di gara è stata un incitare il pubblico all’applauso, lanciare battute provocatorie verso le loro “mani in tasca”, sfottere gli amici che via via si incontravano (Gemma il “trombatore” in testa). Oltrepassato il 30° km sapevo che sarebbe iniziato un altro tipo di lavoro: si trattava di distogliere il pensiero dalla fatica che inevitabilmente avrebbe assalito le gambe della mia “allieva”. Ho cominciato ad incitarla e non ho smesso un momento lungo tutto il Ponte della Libertà, memore ancora della tremenda sofferenza che mi inflisse al mio esordio nel quale fui costretto a percorrere un lungo tratto camminando. Il mio incitamento a non cedere ha prodotto i suoi frutti, abbiamo recuperato tantissime posizioni, uno dopo l’altro tante vittime del muro sono cadute nella nostra rete. Raggiungere Venezia le ho indicato essere il principale ostacolo prima dell’apoteosi finale come se gli ultimi 4 km fossero solo una sciocchezza. Ho sentito che la mia voce diventava sempre più roca, tanto mi sforzavo nello spronarla a spingere; quando abbiamo raggiunto i ponti ed ancora sul mio cronometro non avevo notato alcun cedimento di ritmo ho intravisto la possibilità di fare ancora meglio del pronostico, ho continuato ad incitare ancora con più vigore, il mio pronunciare il suo nome ha coinvolto nell’entusiasmo anche tutto il pubblico che era ai lati della strada subito dopo aver attraversato il ponte di barche sul Canal Grande. Gli ultimi due km sono stati un trionfo, il nome di Monica scandito da tantissimi appassionati appoggiato alle transenne, tutti i podisti che raggiungevamo ad incitarla, persino un vigile si è messo a gridare a gran voce. E per concludere sul rush finale dopo l’ultimo ponte la vista di una donna è diventato l’ultimo stimolo per rilanciare il ritmo e superare anche quest’altra concorrente concludendo la maratona d’esordio in uno splendido 3:21’06’’ di tempo ufficiale (sporco) in 32^ posizione. Io ho provato tantissima emozione, penso anche Monica, voglio sperare almeno perché per il suo carattere ne ha esternata pochissima e questo mi ha lasciato quasi deluso. Un amico mi ha detto: “Hai creato un mostro”. Se è così ne sono contento perché questa è la dimostrazione che la maratona non è “irraggiungibile” e che per correrla anche con ottimi risultati, non sono indispensabili tabelle, allenamenti stressanti, maledette ripetute e cose di questo genere, basta tanto amore per corsa e voglia di soffrire, se poi c’è anche il talento naturale si fanno anche le imprese.

lunedì 24 dicembre 2007

SACRO è...

Oggi sul desktop di un computer del lavoro ho trovato questa frase di Claudio Magris: "SACRO è solo il senso di amore e di rispetto per gli uomini..." so chi l'ha scritta e ne apprezzo la sua saggezza.

incredibile caduta

Ieri mattina prima della gara al Parco del Cormor mentre facevamo il riscaldamento con gli amici, viaggiando quindi in gruppetto, a velocità molto blanda, mi sono girato indietro...in un flash mi sono trovato a volar per aria e atterrare pesantemente sul torace senza avere neanche il tempo di proteggermi con le mani. E' stata una botta fortissima, mi sono contuso anche il ginocchio destro ed il polso destro. Con l'aiuto degli amici mi sono rialzato e dopo appena 5 minuti sono anche partito per la gara che ho corso anche abbastanza bene. Molto bene direi, visto che 15,5 km/h non immaginavo di averli nelle gambe. Nel pomeriggio le botte si sono cominciate a sentire, una bustina del PS mi ha alleviato il male ma stanotte non è passata proprio liscia, il torace mi fa male ancora. Mi chiedo che senso ha fare una radiografia? Sicuramente non è nulla di grave altrimenti non sarei riuscito a correre, se è qualcosa di leggero o non si vede o è talmente trascurabile che non si deve fare nulla... Allora meglio far finta di niente. Oggi già ho rinunciato a correre seppure avessi appuntamento con Giuseppe Maniaci, domani però non rinuncio e alle 9 sarò pronto per la tradizionale corsa di Natale con gli amici.

domenica 23 dicembre 2007

Un'Ora Insieme al Parco del Cormor

Stamattina con partenza alle 10 in punto al parco del Cormor tradizionale gara organizzata dal Gruppo Marciatori Udinesi U.O.E.I. denominata "Un'Ora Insieme". Come al solito circa 120 gli iscritti, il massimo che l'organizzazione accetta, bella gara e con un parco concorrenti di tutto rispetto tanto che mai si erano registrati tanti podisti maschi sopra i 15 km. Ecco le lassifiche: 9 Serena Alberto 16.300 18 Del Cet Andrea 16.300 43 Villani Gerardo 16.300 73 Gerussi Cristian 15.979 90 Grimaz Marco 15.792 42 Morassi Claudio 15.618 37 Margiotta Antonio 15.505 10 Del Bianco Denis 15.490 125 Vidussi Emiliano 15.078 116 Petris Fabrizio 14.954 8 Marzona Adriano 14.320 7 Maniaci Giuseppe 14.194 11 Donato Marco 14.092 31 Petrussa Paolo 13.959 13 Marchiol Andrea 13.814 94 Bianchini David 13.692 53 Panico Raffaele 13.541 27 Bolzicco Donatella 13.510 38 Candotto Michele 13.484 58 De Luca Roberto 13.484 102 Totis Sergio 13.470 39 Paolini Fabiano 13.461 40 Regattin Vittorio 13.461 96 Bozzer Severino 13.448 55 Boato Romano 13.425 61 Beccani Renzo 13.415 26 Mulloni Giovanna 13.234 110 Sette Antonio 13.231 62 Grando Cristian 13.153 14 Nadalutti Bruno 13.132 54 Donde’ Tobia 13.063 30 Parpinel Pierluigi 13.040 98 Bosa Maurizio 13.001 95 Menassi Aristide 12.924 22 Messana Francesco 12.881 17 Nadalutti Mattia 12.868 52 Torella Lucio 12.800 106 Pravisani Ezio 12.738 115 Fazzi Donato 12.681 36 Morandini Stefano 12.664 47 Balloch Manlio 12.616 126 Lazzara Alessandro 12.612 35 Mucin Michele 12.605 12 Valli Franco 12.577 66 Fantoni Alberto 12.527 21 Avoscan Walter 12.444 20 Felcaro Ezio 12.411 60 Bertolutti Gabriele 12.384 50 Callini Marco 12.380 34 Tittaferrante Renato 12.360 29 Parpinel Matteo 12.332 33 Piermarini Marco 12.325 117 Passon Luciano 12.317 77 Sgrazzutti Sascha 12.289 63 Sinicco Adelia 12.236 19 Zecchinon Carlo 12.230 5 Mantovani Agelio 12.185 32 Ciarla Anna 12.142 91 Zamolo Germano 12.142 89 Pascolini Fausto 12.133 108 Calligaris Claudio 12.089 41 Gnesutta Guerino 11.833 71 Tosolini Giannino 11.831 111 Magli Antonio 11.831 23 Scarsini Arduino 11.755 65 Garlatti Mario 11.717 28 Cecutti Alfio 11.694 3 Donde’ Corrado 11.498 57 Gigante Adriano 11.464 24 Cavalieri Enrico 11.462 83 Gasparini Claudio 11.455 92 Bregant Lamberto 11.441 128 Gerin Gianpaolo 11.410 97 Del Bo Filippo 11.363 107 De Giorgio Luca 11.363 16 Gomboso Alessandro 11.272 72 Nazzi Lino 11.256 2 Fregonese Alessandra 11.188 15 Mazzocco Marcella 11.166 49 Chicco Marco 11.152 75 Molinaro Serena 11.139 127 Faion Renato 11.133 81 Baccari Giancarlo 11.069 48 Bolzicco Lorenzo 10.945 4 Scorsino Eugenio 10.867 80 Ligutti Dino 10.844 100 Cavallo Francesco 10.720 114 Pagani Annibale 10.503 44 Leonarduzzi Patrizia 10.167 121 Bosa Irina 10.165 122 Ricci Chiara 10.165 120 Vidussi Germano 10.131 64 Peressutti Fabio 10.084 46 Volturno Daniela 9.913 59 Cardinale Anna 9.615 88 Rossi Luigi 9.484 76 Michelutti Andrea A. 9.481 78 Zoratti Angelo 9.340 85 Guadagnino Carmine 8.947 109 Carlevaris Annalisa 8.917 1 Parpinel Silvano 8.839 119 Maschio Domenico 8.736 25 Cavalieri Matilde 8.529 86 Voltolina Vanda 8.457 105 Scozziero Giulia 8.457 104 Fornasir Teresa 8.344 51 Zuiani Giuliano 8.150 84 Gortana Onorio 8.150 118 Mauro Luigi 8.150 123 Ricci Patrizia 8.046 124 Meroni Giuseppina 8.046 99 Cavallo Giorgio 7.699 6 Mulloni Ado 7.395 113 Romanelli Giancarlo 7.343 45 Leone Gianni 7.317 82 Nardone Pietro 7.176 68 Schiavi Laura 7.106 69 Schiavi Luciana 6.824 103 Lodolo Liliana 6.612 112 Tentor Fedora 6.612 67 Cappellari Speranza 6.543 56 Dri Giorgio 6.520 93 Roiatti Lucia 6.192 101 Cadau Michelina 5.886 87 Sattolo Remigio 5.840

sabato 22 dicembre 2007

una volta tanto il calcio

BARI-LECCE 0-4
Oramai la mia passione per il calcio si è di molto affievolita rispetto a qualche anno fa, inutile spiegarne le ragioni.
Un risultato come quello del derby odieno però non può passare inosservato. Sarà indimenticabile per i tifosi leccesi e penso lo sarà altrettanto per i baresi.
Indimenticabile come:
INTER-JUVE 4-0

DEL 11-11-1979

allenamento al sole e saggezza Navaho

Giovedì e venerdì due bellissime giornate soleggiate seppur abbastanza fredde mi hanno permesso di inanellare due bellissimi allenamenti al Parco. Giovedì una bella progressione delle solite sui 10 km con giro finale a 3'50''; venerdì invece dopo 3 giri di riscaldamento ho provato delle progressioni di 500 m (al ritmo di 3'40'' al km) con 300 m di recupero, sono riuscito a farne 6 tutte molto costanti con la frequenza che superava i 150 bpm, nel 7° giro ho tirato l'ultimo mille in 3'50''. provare la qualita, soprattutto quando sono solo non mi viene facilissimo ma se riesco a superare lo scoglio psicologico poi sarà tutta discesa. in questo periodo natalizio si ricevono tante foto o altre "cosine" carine e spiritose. la foto e il messaggio racchiuso in questo detto Navaho merita senz'altro la palma di migliore, a mio giudizio.

giovedì 20 dicembre 2007

Doveva essere un anno sabbatico...

Doveva essere un anno sabbatico, da dedicare alla cura della carrozzeria per una ripresa nel 2008 ed invece porto a casa una bella tabella dove compaiono delle belle caselle rosa e viola. Molto meglio del preventivo sicuramente, e parafrasando una vecchia trasmissione televisiva dovrei dire: '...e non finisce qui'

mercoledì 19 dicembre 2007

IL COMMENTO Pena di morte, la vittoria italiana di ANTONIO CASSESE L'APPROVAZIONE, a maggioranza assoluta, della risoluzione sulla moratoria della pena di morte è stata una grande vittoria dell'Europa ma anche e soprattutto dell'Italia, la cui diplomazia, abilmente diretta dal ministro degli Esteri, ha svolto un'azione intelligente ed efficacissima a New York. Con la risoluzione si segna un punto fermo in una battaglia di civiltà. La risoluzione non obbliga gli Stati a sospendere le esecuzioni capitali e tanto meno ad abrogare le leggi nazionali che prevedono la pena capitale. Li esorta a farlo. Ha dunque solo un alto valore simbolico, è solo uno strumento di pressione morale? No. Essa produrrà anche importanti effetti pratici [...] [...]Ad esempio di recente la Cina ha limitato il numero di crimini per cui è comminata quella pena, ed ha attribuito alla Corte Suprema, sottraendola dunque alle corti locali, ogni decisione finale in materia. Su questa strada la Cina, che pure ha votato contro la risoluzione e continua ad essere lo Stato con il più alto numero di esecuzioni, potrà fare altri passi avanti, spinta dalla pressione dell'ONU[...] [...]Si avrà dunque una più accurata e completa informazione sulla pena di morte nel mondo e una maggiore trasparenza[...] Che la risoluzione sia suscettibile di produrre questi effetti, è anche il risultato dell'abile strategia adottata dai nostri diplomatici a New York. Essi, benché sicuri della vittoria al momento della votazione, hanno sagacemente evitato ogni trionfalismo e il muro contro muro, per prevenire lo scontro diplomatico e l'umiliazione politica degli avversari[...] [...]La risoluzione non è dunque un punto di approdo di una battaglia diplomatica, ma un punto di partenza, l'inizio di un processo politico-diplomatico da favorire con pazienza e tenacia per arrivare tra dieci o venti anni alla scomparsa definitiva del boia. Questo successo della nostra diplomazia dimostra anche che per una media Potenza come l'Italia, c'è uno spazio importante in politica estera in cui affermarsi. E' uno spazio che si colloca non nel campo militare, strategico o geopolitico, ma piuttosto in quello della difesa di valori universali, e della promozione tenace dell'Europa come forte attore ed interlocutore politico - per ora soprattutto potenziale - a livello planetario. per leggere l'intero articolo finalmente una buona notizia

lunedì 17 dicembre 2007

Vergogna!!!

Ecco cosa faceva coi nostri soldi il Generale Speciale che ora viene a fare il moralizzatore di "noartri" e la vittima del Governo cattivo; sicuramente alle prossime elezioni ce lo ritroveremo candidato ed eletto tra le fila dei candidi che ora ne difendono la figura dopo averci viaggiato per anni gratis con l'elicottero di stato. video

Maratona di New York 2005

“Italia”, vuoi lo sprint? Beccatelo! La mia prima partecipazione alla New York City Marathon risale al 1997: allora ero un podista ancora inesperto, seppur con diverse prove sui 42 km alle spalle, e la maratona della grande mela era il coronamento di un sogno; tutto fu incredibilmente nuovo, grande, impareggiabile rispetto alle altre gare corse in giro per l’Italia. Ora dopo anni di maratone (a NY ho corso la mia 120^, 17^ del 2005), pensavo che l’approccio all’evento e l’atmosfera della vacanza statunitense assumessero una veste diversa ed invece…La NYC Marathon la si comincia a vivere mesi prima, dal momento in cui si decide di parteciparvi (e bisogna farlo per tempo, vista l’enorme richiesta che viene da tutti i paesi del mondo), i mesi di attesa ed in particolare gli ultimi giorni sono un montare di tensione, l’eccitazione che sale, la certezza che si stia per prender parte ad un grande evento. La NYC Marathon è la preparazione degli ultimi giorni; è il viaggio con i tanti amici che partono dall’Italia (quest’anno eravamo in piu’ di 3000 podisti iscritti alla gara, oltre agli accompagnatori, fra i quali voglio citare 5 amici udinesi frequentatori del Parco del Cormor con i quali ho condiviso il viaggio di andata: Alessandro Venica, Massimo De Mitri, Giovanni Fattori, Luca Mattioli e Roberto Secco). E’ anche conoscere le sensazioni dei tanti che si accingono per la prima volta nella loro vita ad affrontare una grande maratona, oppure di quelli che stanno per esordire sulla distanza dei 42 km, che ti fanno le domande impossibili; è l’avventura dell’aspirante podista che ha provato si e no “l’oretta” di corsa e vuole cimentarsi nella grande avventura.La NYC Marathon non comincia alle 10.10 della prima domenica di novembre, inizia il primo giorno a NY, quando è d’uopo recarsi in Central Park per la sgambata con gli amici: venerdì mattina alle otto, appuntamento all’angolo del Columbus Circle per correre assieme, come se ci si accordasse per una qualunque uscita infrasettimanale con gli amici.Capita invece di trovare amici italiani che non si vedevano da tempo, capita che colei con la quale avevi preso appuntamento non venga perché “in altre faccende affaccendata”, capita che ti ritrovi a correre accanto a Laura Fogli e Gianni Morandi, o insieme a Serena Razzolini, la vivace podista fiorentina che anima con la sua voglia di vivere tante corse italiane nelle retrovie.La NYC Marathon è partecipare alla Continental Airlines International Friendship Run di sabato mattina, la corsa dell’amicizia che - partendo dal palazzo dell’ONU - giunge sino al Central Park e mette assieme maratoneti e no, tutti a condividere la gioia di urlare il proprio saluto all’annuncio del paese di provenienza; cercare di battere olandesi e francesi è praticamente impossibile, sia nell’urlo che nel colore che riescono a dare alla manifestazione.Poi viene la giornata di domenica, quella della gara: il trasferimento dagli alberghi sin giù a Staten Island, nei pressi del ponte di Verrazzano, ha dell’incredibile; pensare che 40.000 persone vengano contemporaneamente prelevate e scaricate nello stesso luogo alla stessa ora senza che succedano grossi ingorghi mi lascia ammirato. Basta metter piede giù dall’autobus e l’accoglienza dei volontari è festosa, c’erano tantissime ragazze siatiche ad elargire sorrisi e incoraggiamenti, a complimentarsi ancora prima di cominciare la gara.La vera differenza fra New York e le altre maratone è che qui tutti, veramente tutti i newyorkesi (tranne poche eccezioni di cui accennerò dopo) vogliono essere parte dell’evento: chi non può correre perché non è in grado di sostenere la fatica oppure non è riuscito ad ottenere il pettorale si inventa un modo per dire di aver contribuito alla festa.La zona di sosta in attesa dell’ingresso elle gabbie è vastissima, e già suddivisa in tre grandi zone nelle quali sono posti i podisti con i diversi colori di pettorale. Non sono delle zone chiuse, si può tranquillamente girare alla ricerca degli amici, anche se si tratta della classica ricerca dell’ago nel pagliaio… uno su 40000 ce la fa, si potrebbe dire.La sveglia di buon’ora rende indispensabili operazioni che in altre maratone si svolgerebbero con maggiore tranquillità in albergo o a casa. Ci sono a disposizione alimenti solidi e liquidi caldi e freddi per ogni esigenza, persino troppi direi, tanto che a mio avviso molti di noi hanno pagato lo scotto di aver esagerato lungo la gara. I bagni chimici sono numerosissimi, le file accettabilissime rispetto a quelle che si vedono nelle maratone nostrane quando, impotenti e insofferenti delle lunghe attese ci concediamo i nostri piaceri “rusticamente”.Il tempo da trascorrere è abbondantissimo e per chi ne ha voglia c’è modo anche di ascoltare la funzione religiosa, per gli altri la scelta cade o su un salutare riposo in attesa della fatica o girovagare alla ricerca dell’amico perduto.Il posizionamento nelle gabbie e l’intradamento verso la linea dello start avviene in modo abbastanza ordinato, almeno per le prime file, dove inflessibili volontari e militari bulldozer vigilano con occhio cattivo e atteggiamenti alteri che scatenano l’ilarità di molti.La partenza delle donne top viene anticipata alle 9.35, mentre tutti gli altri attendono pazientemente le 10.10, quando un colpo di cannone - dopo l’inevitabile inno americano - libera le energie di 80.000 gambe.Sul ponte di Verrazzano vi sono tre grandi fiumi di maratoneti: sulla destra i top runners uomini e quelli col pettorale blu, sulla corsia sinistra le donne e i pettorali arancione, nel piano sottostante del ponte i pettorali verdi. Lo scalpitare di tanti podisti produce un suono delizioso, sembra di sentire vibrare il ponte, è difficile non farsi prendere dall’entusiasmo, e si rischia di partire in quarta pur essendo in salita.Mi guardo bene dal commettere quest’errore, tant’è vero che mi superano in tanti, tanti di quelli che teoricamente mi dovrebbero stare dietro, li saluto e non mi preoccupo; corro volgendo lo sguardo a sinistra sulla corsia delle donzelle partite qualche centinaio di metri più avanti.Scorgo tante amiche che saluto a gran voce: Gabriella Bandelli, signora triestina conosciuta in aereo che concluderà in 3:23’, le podiste dei teenagers Staranzano, Marilena Dall’Anese, che concluderà la sua ennesima splendida maratona in 3:13’ netti e che ha stampato in fronte il simbolo del tricolore; poco prima che le strade si dividano individuo in lontananza la sagoma filiforme della bionda Valentina Gualandi, ma è distante ed il mio incitamento non la raggiunge; ma produrrà comunque il suo effetto (almeno mi illudo che abbia contribuito) facendole segnare uno splendido primato personale di 3:06’; nel piano sottostante sta “faticando” l’altra amica triestina Patrizia La Bella, conosciuta nel viaggio aereo.Il grande fiume umano si divide in tre rami che si ricongiungeranno fra alcune miglia in pieno quartiere di Brooklin.Al secondo miglio quando il mio ritmo si assesta sui 4’ al km affianco un ragazzo americano che ha stampato sulla sua maglia bianca sia anteriormente che posteriormente un grande faccione sorridente con la scritta JIMBO. E’ lui il partecipante medio della maratona di New York (non intendo come ritmo di gara, ma come approccio alla stessa).JIMBO corre forte in partenza, corre e saluta tutti i numerosi spettatori assiepati lungo le strade dei quartieri latinoamericani; tutti incitano JIMBO, ne urlano il suo nome e lui li gratifica prendendo tutto ciò che gli viene offerto: prende caramelle dalle mani di simpatici ragazzini di ogni nazionalità he gioiscono per questo; JIMBO raccoglie i fogli di carta Scottex che gli vengono porti e si deterge il sudore; zigzaga da una parte all’altra per non perdere nessuna occasione di festa. E’ talmente preso dall’euforia di “dare il cinque” a tutti i bambini con la palma tesa che ad un certo punto non si accorge che uno di questi regge un bicchiere trasparente di acqua e, scambiando la mano tesa come segno di saluto, gli rovescia sul viso tutto il liquido; il bambino comunque esulta.Raggiungiamo il quartiere ebraico, improvvisamente l’ambiente cambia, l’entusiasmo cessa, i pochissimi presenti sono assolutamente restii a degnarci di una minima considerazione, sembrano dire: “non illudetevi, noi siamo qui e lo saremmo stati anche se voi non foste passati”. Questa atmosfera surreale dura meno di un miglio, poi si rientra nel vivo dell’entusiasmo.Transitiamo io e JIMBO alla mezza maratona sul ponte di Pulaski in 1:24’ in perfetta media di 4’ al km; ricordo dalla precedente partecipazione che ora verranno i tratti più duri, sarà difficile tenere costante il ritmo da qui in avanti. A complicare la condotta di gara arriva il benedetto Queensboro Bridge - lungo quasi un miglio -, che ha una strana particolarità: ogni ponte dovrebbe avere una salita e poi la successiva discesa, qui sembra che si salga continuamente ed è interminabile, si tratta secondo me del miglio più lungo e più brutto della NYC Marathon.Per fortuna nell’ultimo tratto si comincia ad avvertire il brusio della folla che ci attende al termine del Queensboro Bridge, una svolta a “U” e si entra in un tratto dove il tifo è da stadio, in particolare per gli italiani; ed in questo tratto colgo l’incitamento ad personam che mi viene rivolto da due amici. Inutile dire che si tratta di iniezione di energie preziose, utili per riprendere il ritmo dopo la grave difficoltà. Si rientra in Manhattan, affrontiamo la lunghissima 1^ Avenue: 4 miglia di strada larghissima con la folla assiepata ai lati che incita in modo assordante utilizzando tutti i mezzi a disposizione; è impossibile rallentare. JIMBO ormai non è più alle mie spalle, la sua benzina è terminata, ha fatto il pieno di divertimento nella prima parte ed ora si trascina mestamente, nel finale lo rincontrerò scoprendo che la sua grande fatica è terminata in oltre 4 ore 20’.Improvvisamente, dopo il 18° miglio una strana sensazione mi coglie, sento nel mio intestino gorgogli sospetti, la colazione anomala, il fatto di poter usufruire di ristori ogni miglio, la giornata calda mi hanno giocato brutti scherzi: non sono in aperta campagna ma sulla 1^ Avenue, che fare?In lontananza vedo dei bagni chimici: sarà un miraggio o la fortuna che oggi mi vuole bene?Taglio in obliquo approfittando di un varco nel muro umano che costeggia la carreggiata: il mio pit-stop improvviso ma inevitabile mi costerà 2 minuti e mezzo, ma mi alleggerisce di molti pensieri.Naturalmente riprendendo a correre mi tocca risuperare amici che avevo già visto, ma il recupero di posizioni mi stimola e da qui alla fine sarà si sofferenza ma anche stimolo a finire in crescendo.Intorno al 20° miglio si entra per un breve tratto nel Bronx: si tratta di un passaggio tutto sommato superfluo, non c’è nulla che meriti di essere goduto. Svolta a sinistra e si imbocca la Fifth Avenue, la celebre quinta strada che nel suo prosieguo è la sede dei più famosi negozi di moda del mondo.Un cartello coglie la mia attenzione, sopra vi è scritta una frase che ogni maratoneta dovrebbe tenere impressa per sempre nella sua testa: “20 miles with legs, 6,2 with heart” (20 miglia con le gambe, 6.2 col cuore), ed è il cuore che metto in questo tratto, lancio la mia sfida ad un italiano che mi ha superato, lui indossa la maglia con la scritta Italia di una nota agenzia di viaggi, si prende un sacco di applausi, fra di noi è un continuo superarsi, nessuno dei due vuole cedere.Entriamo in Central Park, al 24° miglio. “Italia” mi ha distanziato di qualche decina di metri, ma sfidandolo sul terreno a me meno congeniale lungo le salitelle del Central Park gli recupero metri su metri. Lo raggiungo, lo guardo come per dire “andiamo insieme all’arrivo”, per risposta ricevo un attacco convinto, uno strappo che mi lascia di nuovo al palo.Ai lati della strada c’è qualcuno che mi incita: si tratta di Stefano, che aspetta la brava compagna Sabrina. Cerco di utilizzare lo stimolo per riprendere “Italia”; è dura, ma sul 25° miglio gli sono di nuovo a fianco, lo guardo di nuovo ma stavolta è per fargli capire che se ne ha le forze ora dovrà seguirmi lui. Il mio ultimo miglio è da ricordare: fra i più veloci di tutta la gara, il falsopiano degli ultimi 400 m non lo avverto neanche. Taglio il traguardo a braccia alzate al termine di uno sprint prolungato a sfidare il cronometro che inesorabilmente corre veloce verso lo scoccare del minuto successivo: tempo finale 2:52’55’’ in 331^ posizione assoluta, 55° dei 3061 italiani che hanno tagliato il traguardo.La festa continua lungo il tragitto che ci porta al recupero delle sacche, c’è modo di ricevere innumerevoli complimenti dai numerosi addetti ai ristori, festeggiare con coloro che hanno concluso la fatica insieme a me. Dopo essermi rivestito e rifocillato c’è modo di salutare tanti, tantissimi amici alcuni soddisfatti della prestazione altri meno, come Gianni Panfili, amico del Parco del Cormor deluso del crono (2:59’), tutti comunque felici di essere stati parte di questa bella avventura.Alcune note sulla parte organizzativa.Ottima ubicazione dell’Expo, distribuzione dei pettorali perfetta, chiusura del traffico totale… è inutile che mi dilunghi, tutto molto bene tranne forse la zona del ritrovo con i parenti, le grandi dimensioni di Central Park forse consentirebbero un migliore servizio; se Berlino riesce ad offrire le docce con le stesse dimensioni di partecipazione, perché la NYC Marathon non può farlo?A pensarci bene, il calore umano che offre la maratona della grande mela è diffide trovarlo in altre 42 km ed io sono felice di averne raccolto a piene mani.

Maratona di Firenze 2005

Firenze: lunga (e lenta) è la via... (28-11-2005) La maratona di Firenze non era prevista nel mio calendario di impegni autunnali; sicuramente non era prevista come gara nella quale sfidare il cronometro per ottenere un risultato discreto.L’idea è venuta fuori una ventina di giorni fa; sarebbe stata una allegra passeggiata, poi un ottimo riscontro nella mezza maratona di Palmanova (UD) la settimana scorsa mi ha fatto pensare a un ultimo tentativo di buona prestazione in questo 2005. Mi sono iscritto in extremis, cercando una soluzione che fosse la più economica possibile sotto l’aspetto organizzativo: viaggio in treno, alloggio in ostello e ritorno in macchina offerto gratuitamente dall’amico Antonio Sette.Ho avuto la fortuna di condividere il viaggio in treno e tutto il pomeriggio di sabato con l’allegra comitiva gradiscana di Italo Samez, Valdi Simsig e la figliola Elena (protagonista di un’ottima gara, con annesso PB di 3h23’38’’), amici del sito e sempre più viaggiatori - in Italia e all'estero - alla ricerca di belle gare, in particolare di maratone.Questa edizione della Firenze Marathon, soprattutto dopo il grande salto di qualità dello scorso anno, portava con sé molte aspettative, aspettative premiate dal grande numero di iscritti e partenti: in piazzale Michelangelo se ne contavano ben oltre i 6000, seconda in Italia solo alla Maratona di Roma.Non correvo a Firenze dal lontano 1996, quando mi ero cotto sulla “graticola delle Cascine” ed ero rimasto disgustato dal vedere quanti, in un’edizione in cui vi erano diversi passaggi nel regno dei podisti fiorentini, avessero abbreviato la strada tagliando.Negli anni successivi, qualche elemento era sempre intervenuto ad ostacolare il lancio definitivo di Firenze fra le top fra le maratone italiane. Naturalmente Firenze - come tutte le città d’arte - ha un elemento favorevole, perché offre la possibilità ai podisti italiani (ma ancora di più agli stranieri) di unire l’utile del viaggio culturale al dilettevole della disputa della gara (ognuno può posporre l’utile col dilettevole).Il percorso veniva presentato come molto scorrevole, con partenza da un Piazzale Michelangelo che offre una splendida veduta sulla città (meriterebbe di essere gustata a lungo) ma, poco prima del via, lì “sul davanzale” tirava un vento e faceva un freddo da rabbrividire. Dopo la partenza in leggera salita, si scende per diversi km con le gambe che vanno senza apparente fatica; verso l’undicesimo km transito dinanzi a Palazzo Pitti, dove un piccolo capannello di turisti infreddoliti accenna a un timido incitamento. Si prosegue per un buon tratto lungo l’Arno, visibilmente gonfio a causa delle abbondanti piogge dei giorni precedenti accompagnate anche dalla neve; per fortuna, nella mattinata di domenica il tempo ha voluto concederci qualche ora di tranquillità, limitando in qualche modo le nostre sofferenze nell’attesa della partenza e durante la gara (il privilegio si è in realtà limitato solo per quelli che hanno terminato entro le 4 ore, perché poi è venuta giù di nuovo al pioggia).Intorno a metà gara si transita nella zona di Campo di Marte, dov’era anche allestito l’Expo; si tratta della zona sportiva della città: oltre allo stadio “Artemio Franchi” vi è anche lo stadio di atletica e il palazzetto dello sport. Appunto all’interno del palazzetto era allestito l’Expo nel quale si sono svolte le operazioni di ritiro del pettorale ed erano allestiti i numerosi stand di aziende legate al mondo del podismo e delle varie maratone che si corrono in Italia.Questo è il luogo in cui, nella giornata di sabato, si ha l’occasione di incontrare tanti amici: per me il momento di rivedere gli amici del sito Podisti.Net ma anche i DRS, presenti in buon numero. Con l’occasione si incrociano anche atleti di alto livello ancora in attività oppure che hanno smesso da poco. Capita così che l’amico Antonio Sette rimanga abbagliato dalla statuaria figura di Fiona May e che di fronte a lei si senta piccolo piccolo: forse sarà stato questo “senso di inferiorità” che, durante la gara, gli ha dato le energie per tirar fuori un grande risultato, stabilendo il suo PB (3h08’53’’) e migliorandosi di ben 7 minuti. Probabilmente anche il buon Luca Ferrario (Luca74) avrà trovato qui i suoi stimoli per scrollarsi di dosso l’abito di tapascione e correre verso il suo PB.Dopo il transito alla mezza si prosegue verso il centro, con transito dal Duomo e passaggio in Piazza della Repubblica verso il km 28. Riconosco la giostra che ogni anno ammiro nei momenti di attesa della partenza della mia amata-odiata 100 km del Passatore. Penso che se in questo momento - nel quale sono sfinito nelle gambe e nella testa, al pensiero di avere ancora 14 km da correre - mi parlassero della 100 del Passatore, direi che non la farò mai più, invece già so che ci ricadrò: saluto la giostra di Piazza della Repubblica prenotando (forse) un giro per l’ultimo weekend di maggio.Si va ora verso le Cascine: so che si deve arrivare in fondo e tornare indietro, non ci sono speranze di trovare incitamenti. Le mie gambe vanno abbastanza, lo spirito è stato fiaccato da una sosta inattesa (ma ormai la mia fermata ai box al 26° sta diventando cronica) che mi ha fatto perdere 1’30’’ e forse l’obiettivo di correre sotto i 4’ al km.Comincia la mia gara in recupero di posizioni, anche se il ritmo rimane costante (dal 30° alla fine ne recupererò 35); arrivati in fondo alle Cascine la svolta a sinistra ci offre la sorpresa di un bel sole, una sorpresa che veramente non ci saremmo attesi, con le premesse del fine settimana.Negli ultimi km si tratta di stringere i denti. Incito l’amico friulano Roberto Battocchio, che vedo dinanzi a me fermarsi in preda ad una crisi, sollecito Emiliano Piola a riprendere il ritmo, stimolo diversi podisti a starmi accanto per tentare di arrivare sotto il “muretto” delle 2h50’.Ho speso tanto, soprattutto nei tratti lastricati, e l’impegno muscolare è stato senz’altro superiore ad altre gare, a causa delle numerose curve e del terreno spesso accidentato, tanto da smentire le voci di maratona veloce. La batosta finale giunge per me (come per tutti) nel tratto finale, lungo via Ghibellina (all’altezza del 41° km), dov’è impossibile spingere sul lastricato sconnesso e umido. Si deve fare attenzione a ogni appoggio: ammaino bandiera e raccolgo sull’arrivo un buon risultato di 2h50’37’’ (che mi aspettavo migliore), in 118^ posizione assoluta.Nonostante tutto, senza la sosta ai box avrei centrato l’obiettivo programmato.Alcune note sull’organizzazioneNel complesso, giudizio positivo sulla manifestazione, ma alcune note mi sento di esprimerle.Forse sarà perché sono ancora sotto l'effetto-sbornia di New York, forse perché ho vissuto la maratona da podista che vuole viaggiare al risparmio e quindi ha bisogno dei "servizi minimi ma indispensabili", ma ho trovato che i seguenti aspetti siano migliorabili:- custodia bagagli sufficiente alla ricezione, ma all'arrivo non ci può essere un solo addetto per ogni autobus che prelevi le borse, con noi lì ad aspettare gelati... (io non ho avuto questo problema, ma mi chiedo quelli che hanno impiegato 4 ore e che quindi beccavano già la pioggia);- possibile che una maratona da 6000 iscritti, con le pessime previsioni meteo annunciate, preveda come spogliatoi solo pochi miseri gazebo, con le sedie bagnate e i tetti grondanti acqua? E per fortuna che non pioveva, domenica mattina...- all'arrivo forse ero frastornato, ma i gazebo non so neanche se ci fossero più, e comunque quelli delle 4 ore in su dove si saranno cambiati? Oppure si vuole pensare che tutti possano e debbano permettersi un albergo a 4 stelle nel centro di Firenze?- dico tanto se, fra i servizi, la doccia potrebbe interessarmi? A Berlino c'erano docce per 40.000; le troverò anche a Reggio e a Ferrara, per la Vigaranomarathon, ci sono da anni camion attrezzati.Fosse per me avrei rinunciato volentieri allo zainetto, pur di avere questi servizi.Il percorso, annunciato come veloce, a me non è sembrato tale. Potrei dare anche un giudizio sulle mie sensazioni, ma qualcuno potrebbe intenderlo poco oggettivo, invece mi mantengo su dati di fatto: ho visto la registrazione in TV della gara; è stata una gara mediocre, soprattutto in campo maschile, con risultati da far sorridere tanti organizzatori di piccole maratone - basta chiamare Calcaterra e Zenucchi, per vedere arrivare due pimpanti e allegri maratoneti in 2h20', invece che vedere uno sprint per il 3° posto fra Giacomo Leone e un keniano che tagliano il traguardo in 2h19'. E’ possibile che su 6000 partenti (anzi qualcuno di più) ne arrivino al traguardo meno di 4900? Qualcosa non quadra. Vuoi vedere che mi toccherà rivalutare Milano? Questa mia gara merita una dedica, anzi due: ad Andrea Busato, amico pordenonese che doveva essere presente a Firenze e con cui avrei anche condiviso la sistemazione in ostello, e che invece per qualche tempo dovrà stare “fermo ai box” (o almeno limitare i suoi impegni) per riparare qualche “piccolo danno alla pompa di iniezione del suo motore” (ma che sono sicuro di ritrovare presto pronto a ripartire); una dedica ancora più forte a una persona che conoscevo da anni, Rita, che aveva la mia stessa età e che frequentavo per motivi professionali (per farle la Risonanza Magnetica). Con lei, ogni volta ci davamo appuntamento al successivo controllo come ci si dà appuntamento per la prossima maratona; anche un mesetto fa abbiamo ripetuto il medesimo rito: prima di salire in treno dalla stazione di Cervignano ho letto un manifesto funebre nel quale si annunciava “la fine della sua maratona”.

Maratona di Milano 2005

5^MILANO CITY MARATHON Milano 4 Dicembre 2005 Come ci si deve comportare quando si approssima l’ennesima edizione della maratona di Milano dopo le delusioni organizzative e di cornice degli ultimi anni? Le alternative sono due: o si decide di scegliere altri lidi sui quali far andare le proprie gambe (ed il calendario offre valide alternative--Firenze la settimana prima e Reggio la domenica successiva-- oppure ci si cerca di attrezzare per affrontare “il problema”. Mosso dalla mia fame di maratone e dalla curiosità di vedere se ci fosse “qualcosa di nuovo dietro la madonnina “ho optato per la seconda alternativa. Indossata la corazza per difendermi dall’eventuale lancio di uova mi sono avventurato nel weekend milanese; sarà stata la paura dell’influenza aviaria ma a questo momento non ho avuto notizie di proteste dei milanesi che si siano spinte a livello culinario, indispensabili invece i tappi per le orecchie se non per eliminare almeno per attutire il suono degli improperi che sembra inevitabile subire; un tantino di fantasia e gli strombazzamenti agli incroci possono essere immaginati come momenti di festa ai quali ci si sente quasi in dovere di rispondere ringraziando; naturalmente la difesa migliore è quella di armarsi di pazienza e se del caso di penna inchiostro e calamaio ed evidenziare le pecche nella speranza che qualcosa cambi. L’annuncio del cambio di percorso, che in qualche modo avrebbe dovuto limitare i disagi ai milanesi ha consolato forse i cittadini, non certo i podisti che costretti a correre nella melanconica periferia si sono visti negare anche la possibilità di avere un minimo di incitamento dei familiari o dei pochi coraggiosi disposti a tirar fuori i propri corpi dalle calde lenzuola ed affrontare la strada per far sentire il proprio incitamento. Le condizioni atmosferiche sfavorevoli, in particolare la nebbia dopo l’undicesimo km non so se abbiano danneggiato noi podisti oppure ci hanno evitato di “gustare” l’osceno spettacolo offerto dagli interminabili km lungo il Ticinello che si intravedeva certamente non limpido lì accanto a noi, a pochi metri ma timoroso di farsi ammirare nella sua bruttezza. Sicuramente da ammirare in quel tratto gli abitanti della zona scesi in strada a difendere il parco che prende il nome dall’omonimo fiume dall’attacco della speculazione edilizia. Il resto del percorso non offre molto, anzi nulla se non gli ultimi km in centro con l’arrivo posto in piazza Duomo. Leggermente meglio rispetto allo scorso hanno la gestione dei bagagli e l’allestimento di spogliatoi, anche se l’ubicazione in piazza Duomo seppur comoda era molto disordinata, con tantissimi podisti costretti a chiedere a destra e manca dove fosse posto il proprio settore e gli addetti impreparati a dare risposte certe. Come al solito molto ristretto l’ambiente dell’Expo, mi dicono anche che il pasta-party non fosse dei migliori anche se io non ho usufruito di questo servizio. Ottima la gestione dei ristori lungo tutto il percorso, presente anche un servizio navetta per le docce presso l’arena civica. Sembra che qualche milanese spiritoso abbia voluto anticipare gli scherzi carnascialeschi portando via i tabelloni kilometrici dal 26° km in avanti (ricordo di aver visto solo il 30, il 35 e gli ultimi 3). Questo fatto mi ricorda tanto gli scherzi delle non competitive quando qualcuno inverte la direzione delle frecce e tutti si sbaglia strada, ma questa è la maratona di Milano, queste disattenzioni non dovrebbero accadere. Assolutamente peggio dello scorso anno la gestione del traffico con tratti di strada in cui le auto affiancavano i podisti all’interno di Milano e nell’hinterland addirittura peggio con podisti costretti agli slalom fra le auto circolanti. La mia gara. Ho affrontato questa maratona con tranquillità con l’unico fine di accompagnare la mia amica Valentina Gualandi nel suo tentativo di abbattere il proprio primato personale; lei pensava di riuscire a scendere sotto le 3 ore dopo la buona prestazione di New York di 3:06’; ritenevo questa aspettativa troppo temeraria, ma mi sono ben guardato dal dirglielo, ho cercato più concretamente di guidarla su un ritmo tranquillo ma comunque da PB. Non è la prima volta che mi ritrovo ad affrontare una gara con questo compito e devo dire che ogni volta diventa una esperienza nuova, densa di interrogativi e comunque molto soddisfacente. La prima metà si è proceduto con molta sicurezza sul piede dei 4’15’’ al km badando a rimanere leggermente alle spalle del gruppone delle 3 ore, avendo in questo modo la possibilità di correre con maggiore scioltezza e senza l’incubo di inciampare anche se di contro questo ci ha portato a prendere il freddo intenso senza la minima copertura. Il freddo era davvero pungente e l’opzione di indossare la maglia a manica lunga sotto la canotta e i guanti alle mani è stata senz’altro azzeccata, tant’è vero che molti hanno avuto problemi. Verso il 14° km al centro della strada ho visto dei cartelloni che incitavano i POD-NET presenti ed uno in particolare con la scritta W RE LEONE che mi ha lasciato sorpreso e molto felice. Siamo passati alla mezza in 1:29’41’’ ma subito dopo la fatica si comincia ad avvertire nel respiro di Valentina, al 26° km (puntuale come non so che –per la terza volta consecutiva- è giunto il momento della mia sosta ai box, con relativo abbandono della compagna di viaggio). Ho impiegato ben 5 km per recuperare il terreno perduto, risalendo il gruppo ho incrociato una amica, Chiara, che stava facendo la sua corsetta domenicale e della quale non mi ero neanche accorto. Ho ripreso la “prode” poco dopo il 30° km quando cominciavano a presentarsi per lei i conti del ritmo forte tenuto fino a quel punto. Per ben tre volte ho dovuto essere severo e stimolarla vigorosamente a riprendere a correre dopo un improvviso black out, ma ero sicuro che le gambe avrebbero retto, era solo la testa da sostenere. Ci ha affiancati Antonio amico toscano conosciuto durante il suo soggiorno lavorativo friulano; sono stato contentissimo di averlo affianco a sfidare le 3 ore considerando che sono stato io ad iniettargli il tarlo della maratone anni fa, maratona che gli sembrava irraggiungibile e che ora invece corre ad ottimo ritmo. Per un tratto ho persino pensato che potesse staccarci ed andare a riprendere quelli delle 3 ore, ma purtroppo è stato fermato dal muro e costretto a concludere la sua fatica in poco più di 3:07’. Gli ultimi 3 km sono stati un mio continuo incitamento a Valentina, un invito a credere in una sorpresa che sarebbe arrivata, per fortuna mancavano le indicazioni km così che è stata costretta a correre al buio. Dopo il 40° ho sprigionato tutte le mie risorse per spingerla a spremersi per poter chiudere con il tempo che avevo sognato per lei. L’ultimo km l’abbiamo corso a tutta e sotto il cronometro, purtroppo fermo, siamo transitati con il tempo finale di 3:03’25’’. Ad una prossima occasione per Valentina l’occasione di scendere sotto le tre ore. Per la Milano City Marathon invece ancora tanta strada da fare prima di poter aspirare ad essere al top delle maratone italiane e sarà una strada molto ardua se gli stessi amministratori della metropoli meneghina pensano dei maratoneti: “quelli che tutti dicono di amare e che nessuno ama". Sembra superfluo dire che il pubblico è pochissimo lungo il percorso e assolutamente freddo, appunto per questo motivo sono da citare per nome quelli che invece non hanno fatto mancare il loro apporto agli amici che transitavano, a quelli che ho riconosciuto come Walter Valli che aspetto di vedere di nuovo i gara, come Paolo Cova sempre prodigo di elogi, a Scianca infreddolito in un tratto desolato del percorso ma pronto a dare il suo apporto; come Lucilla Andreucci che ha sfidato il freddo (lei atleta di alto livello) per incitare noi comuni podisti della domenica. Mi permetto di dedicare questa maratona a chi per un po’ sarà costretto a seguirci da lontano, senza neanche poter indossare le scarpe da corsa, ma noi aspettiamo Max Cortella alla partenza di un’altra maratona, prima o poi, ci mancheranno le sue partenze a razzo e le sue cronache colorite, ma sono sicuro che sarà per poco.